Avvenire di Calabria

Una vita per l'informazione cattolica. Giornalista 75enne, il sacerdote era in ospedale per Coronavirus

Covid-19. Addio a monsignor Rini, don Pippo Curatola lo commemora

Filippo Curatola

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Una notizia che ho appreso rimanendo ammutolito, come accade quando vieni a sapere della morte di una persona cara. Mons. Rini era di Cremona, mentre io sono di Reggio; ci siamo conosciuti durante gli incontri del Consiglio nazionale della Federazione dei Settimanali cattolici italiani, del quale anch’io fui membro per tanti anni in rappresentanza dei settimanali calabresi.
E si stabilì fra di noi un bel rapporto, anche perché nati entrambi nel 1945 e divenuti sacerdoti entrambi nel 1968.

E così - lungo il tempo - capimmo, sia lui sia io, che due cose ci univano particolarmente: anzitutto, lo stesso modo di considerare il Sacerdozio, come un dono che richiede di avere lo sguardo sempre rivolto a Dio per poter entrare come Lui, con tenerezza, nella vita della gente; e poi anche lo stesso modo di vivere il giornalismo, come una scelta consapevole: quella di raccontare la verità, costi quel che costi, per offrire il servizio più grande ai lettori. Certo, le nostre città distanti non ci consentivano ovviamente quella quotidianità di contatti, che costruiscono una amicizia compiuta ed indelebile.

Ci fu, tuttavia, un’occasione, che mi permise di capire qualche altra cosa di don Vincenzo. E ciò avvenne nell’indimenticabile Congresso nazionale della Fisc, tenutosi a Reggio Calabria.
Anche Rini venne a quel Convegno. Fu con noi in tutti gli incontri; offrì, nel dibattito, la ricchezza della sua esperienza e l’acume del suo pensiero.
Ma, una cosa non dimenticherò mai: il viaggio, che tutti i giornalisti facemmo in quella circostanza dentro una barca sul mare, da Scilla a Bagnara. Fu una mia scelta farli andare a Bagnara con una barca perché vedessero, specialmente quanti venivano dal Nord, la bellezza della nostra terra. A Bagnara fummo insieme per il pranzo in un ristorante consigliatoci dal parroco don Sarino; un pranzo che, per ricchezza e gusto, lasciò sbigottiti tutti; ancora oggi, se chiedete a qualcuno di loro, ve lo dirà.

Proprio a Bagnara, quella volta, in un momento in cui mi fermai a parlare a tu per tu con don Vincenzo e gli domandai, come feci con altri, se gli fosse piaciuto quel viaggio sul mare, mi disse: “Penso che una terra, che ha queste meraviglie, che tu, don Pippo, ci hai permesso di contemplare, nonostante la ndrangheta e tutto il resto, non può non avere una speranza per il futuro”.
Ti dico grazie, don Vincenzo, per quelle parole che, ancora oggi, facendole conoscere alle nuove generazioni, diventano una spinta, nonostante tutto, a guardare lontano, con fiducia.

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