Avvenire di Calabria

Con un filo di voce, Jole Santelli lo ribadisce in diretta tv ospite di Bianca Berlinguer su Rai Tre

Covid-19, Santelli: «Chiudere tutto, rischiamo il collasso»

Giuseppe Iero

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«Bisogna chiudere tutto, altrimenti rischiamo il collasso». Con un filo di voce, Jole Santelli lo ribadisce in diretta tv ospite di Bianca Berlinguer su Rai Tre. L'appello della governatrice - tra i primissimi a richiedere la linea dura su tutto il territorio nazionale, Calabria compresa - è condiviso in toto da Michele Emiliano e Vincenzo De Luca, rispettivamente presidenti di Puglia e Campania. Un fronte meridionale che esula dalle posizioni di partito (i due governatori sono del Pd), ma che accomuna le regioni del Mezzogiorno nel tentativo di scongiurare un diffondersi dell'epidemia che potrebbe essere letale per le già sofferenti strutture sanitarie locali.

L'obiettivo è «limitare i danni» rispetto ai rientri della notte tra il 7 e l'8 marzo scorso: quelli "censiti" tra Calabria, Puglia e Campania sono oltre 14mila, ma - lo ammettono gli stessi presidenti - probabilmente i potenziali contagiati sono più del triplo. Circa 50mila fuori-sede, di cui pochi si sono messi in isolamento domiciliare volontario. Scendendo nello specifico, in Calabria su 3.450 rientranti che si sono auto-denunciati soltanto 908 hanno scelto la quarantena a casa. Neanche il 30%.

Per questo, seguendo le pressioni della Lombardia che chiede l'autonomia gestionale dell'emergenza al fine di chiudere uffici, mezzi pubblici e negozi, la Calabria e le altre regioni del Sud vorrebbero fare lo stesso per evitare spostamenti e assembramenti. Una "forzatura" nei confronti di quanti - pochi a dire il vero - stanno continuando a disattendere i "consigli" dei diversi Dpcm emanati dal premier Conte.

E lo stesso Presidente del Consiglio ci starebbe pensando come rivelano fonti di Palazzo Chigi. Questo 11 marzo potrebbe, infatti, essere la giornata cruciale: da un lato, il voto in Parlamento per lo scostamento dal debito con misure per 25 miliardi di euro (per un possibile accantonamento prudenziale); dall'altro la stesura di un nuovo Dpcm in cui - seppur sotto l'egida di una cornice nazionale - si apre alle scelte delle singole regioni sull'insaprimento di alcune misure in base alle necessità territoriali. 

Di certo resteranno aperti supermercati e farmacie (seppur drenando l'accesso con taglia-code all'ingresso); così come accanto allo sforzo abnorme delle strutture sanitarie pubbliche si profila la possibilità di affiancarli con la disponibilità delle cliniche private. Operativi, ovviamente, tutti i servizi di pubblica utilità, giornali compresi.

C'è poi l'ultima analisi dell'Istituto Superiore di Sanità che certifica come la diffusione del Covid-19 nel Belpaese sia dovuto a un fattore autoctono: «È avvenuta in Italia per tutti i casi, ad eccezione dei primi tre segnalati dalla Regione Lazio che si sono verosimilmente infettati in Cina». L'Italia «zona protetta», quindi, è pronta a serrare le fila: i prossimi 15 giorni saranno fondamentali per arginare l'epidemia, seguendo il modello Codogno dove, da ieri, i contagi sono stati azzerati.

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