[L'intervista è stata fatta prima delle misure adottate dal Governo con il Dpcm del 24 ottobre]
I giovani scelgono il Sud, studiano ad Agraria e premiano la qualità. Con il direttore del dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Giuseppe Zimbalatti, parliamo di come è cambiata l’università in tempo di Covid–19.
Professore Zimbalatti, in quest’anno così particolare anche in università tante cose sono cambiate. Molti studenti hanno preferito «restare al Sud». Le iscrizioni sono cresciute?
Al dipartimento di Agraria le immatricolazioni sono aumentate. C’è da riflettere. In un anno in cui molta della didattica si è svolta a distanza ci siamo trovati a competere con tutte le università, non solo italiane. Eppure abbiamo più iscritti: viene premiata la qualità, non solo l’idea di una «università vicina», pur importante.
Come gestirete la didattica con il Covid– 19? Proseguono le lezioni a distanza?
A marzo, con la pandemia, la didattica si è trasferita sul web. Gli studenti hanno frequentato senza problemi. I docenti hanno fatto di tutto per agevolarli, registrando le lezioni, condividendo i materiali didattici, garantendo gli esami. Tutti i servizi per gli studenti sono rimasti attivi. Da ottobre la didattica in presenza è ripresa, per la maggior parte degli insegnamenti, mantenendo anche le lezioni a distanza. La didattica online ha persino arricchito la nostra offerta, con seminari sul web di docenti di fama internazionale. Il dipartimento stesso ha prodotto dei video didattici. La didattica in presenza però è quella che fa dell’università una vera comunità di docenti e studenti, di lavoro e di amicizia. È un nostro punto di forza e finché sarà possibile la praticheremo. In ogni caso, garantiremo comunque quella a distanza.
Quali novità presenta l’offerta formativa del dipartimento di Agraria?
La nuova offerta rafforza e aggiorna quella già apprezzata dagli studenti. Tre corsi di laurea triennali che proseguono con i corrispettivi corsi magistrali: scienze forestali e ambientali, scienze e tecnologie agrarie, scienze e tecnologie alimentari. In scienze forestali e ambientali abbiamo introdotto dei nuovi curriculum sulla gestione e la progettazione delle aree verdi. Analogamente, in scienze e tecnologie alimentari, si è introdotto un curriculum in gastronomia e ristorazione. Corsi più attraenti e adeguati alle nuove domande della società.
Quali sono gli sbocchi occupazionali che la laurea in Agraria offre?
Il laureato in Agraria ha davanti molte opportunità di lavoro: può fare il libero professionista, dopo aver conseguito l’abilitazione; può svolgere la direzione tecnica di imprese agricole, agroalimentari e forestali; può rivestire ruoli dirigenziali in agenzie ed enti pubblici che operano nei settori dell’agricoltura, dell’ambiente, delle foreste. Può anche perseguire carriere di ricerca: il dipartimento di Agraria offre una formazione superiore con il dottorato di ricerca e i master. Infine, già durante il periodo di formazione, lo studente può prepararsi all’insegnamento, con il conseguimento di crediti formativi specifici. Prepariamo figure professionali specializzate, ma versatili.
Quali opportunità per i giovani al Sud?
In Italia, oltre l’86% dei laureati magistrali di Agraria trova occupazione entro 4 anni dalla laurea. Su ciò c’è da riflettere. Nel Sud, l’agricoltura, l’agroalimentare, il forestale sono settori importanti dell’economia e hanno sofferto meno di altri la crisi della pandemia. L’economia del dopo–Covid sarà basata sulla «innovazione verde». Ci sarà molto spazio per un’agricoltura «smart», che sappia produrre servizi ambientali, fornire energia pulita, determinare benessere sociale, rispettare la natura, fornire alimenti sani. Si richiedono già giovani laureati preparati a queste sfide. Al Sud, più che altrove, si potrà meglio ripartire valorizzando le risorse di prossimità.
Cosa fare per potenziare l’università di Reggio Calabria?
Recentemente si è rinnovata l’offerta formativa e si sono migliorati i servizi. Oggi nelle classifiche Censis la Mediterranea è ai vertici tra i piccoli atenei. Cosa fare di più? L’università è una ricchezza per il territorio e bisogna coltivare il rapporto con le altre istituzioni e la società civile: la collaborazione genera sviluppo. Bisogna poi guardare alla dimensione internazionale, a dispetto della nostra perifericità. La pandemia ha mutato le geografie: nessun luogo è definitivamente centrale, né definitivamente periferico. Occorre perciò avere coscienza chiara di quel cerchio di mondo di cui siamo o vogliamo essere «centro» e da lì ripartire con un respiro nuovo.