Avvenire di Calabria

Oggi è il primo anniversario del naufragio costato la vita a 94 persone (altre venti risultano ancora disperse) che speravano di trovare un futuro migliore in Italia ed in Europa

Cutro, sacrificio inutile? Un anno di indifferenza

Da quella immane tragedia del mare cosa è davvero cambiato? Italia e Europa come si sono organizzate nell'affrontare il fenomeno migratorio. Sono ancora molti gli interrogativi senza risposta

di autori vari

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Oggi è il primo anniversario del naufragio di Cutro, costato la vita a 94 persone (altre venti risultano ancora disperse) che speravano di trovare un futuro migliore in Italia ed in Europa. Fuggiti da guerra e povertà, i loro sogni si sono però infranti a pochi metri dalla riva.

Il dramma ha sconvolto non solo la comunità calabrese, ma l’intera nazione facendo riaccendere il dibattito sul controllo dei flussi migratori e sul tema dell’accoglienza. A distanza di un anno da quella immane tragedia, la ferita rimane ancora aperta. Come si è mossa la politica, non solo italiana, ma anche europea? I provvedimenti adottati sono serviti a migliorare lo stato delle cose? In questa pagina ripercorriamo quanto avvenuto un anno fa e vi proponiamo anche l'analisi di Francesco Creazzo, calabrese, addetto stampa della Ong Sos Méditerranée, intervistato dal direttore Davide Imeneo. Ieri, intanto, una silenziosa fiaccolata si è fermata sulla spiaggia di Steccato di Cutro.

Cutro un anno dopo, Quella speranza affondata a pochi metri da riva

articolo di Francesco Chindemi

È la notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, manca poco per raggiungere terra. Sul caicco partito dalla Turchia qualche giorno prima, ci sono 200 migranti di diverse nazionalità e di diverse età. Tanti minori non accompagnati, interi nuclei familiari. Donne e uomini pronti a ricongiungersi con i propri cari in Italia e nel resto d’Europa.


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Le immagini di volti speranzosi, immortalate dagli smartphone - inseparabili compagni di viaggio - e condivise sui social da alcuni passeggeri di questo ennesimo viaggio della speranza, nulla lasciava prefigurare su quanto, di lì a poco, sarebbe accaduto. Il mare in tempesta, tra forza 4 e forza 5, non ha dato scampo al natante arenato su una secca a poche decine di metri dalla costa di Steccato di Cutro, nei pressi della foce del fiume Tacina.

Quel sogno infranto

Il sogno di toccare finalmente terra viene spezzato improvvisamente dalla violenza dell’impatto con le onde che capovolgono l’imbarcazione fino a disintegrarla in pochi istanti. I primi a intervenire sono due pescatori del posto allertati dal frastuono e dalle grida dei naufraghi. Poi i carabinieri e tanti volontari, ad alternarsi nell’estremo tentativo di mettere in salvo quanta più gente possibile. Il bilancio appare subito drammatico. 80 i superstiti. In molti hanno perso mogli, mariti, figli e genitori. Le ricerche delle vittime e il recupero dei corpi proseguiranno per oltre un mese. In tutto un centinaio i morti accertati in quella che passerà alla storia come una delle principali tragedie del Mediterraneo dell’ultimo decennio, dopo quanto accaduto a Lampedusa.


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Impressionanti le immagini che si sono presentate agli occhi dei soccorritori sulla spiaggia alle prime luci dell’alba. I segni di una sciagura della enormi dimensioni. Insieme a questo l’arrivo del ministro dell’Interno Piantedosi e le contestuali polemiche su cosa non avesse funzionato nella macchina dei soccorsi che solitamente dovrebbe attivarsi in caso di traversate della speranza.

Il dolore della Chiesa e l'omaggio silenzioso del presidente Mattarella

Il resto è cronaca che appartiene a quei giorni intrisi di profondo dolore, misti a rabbia e sofferenza. Insieme a ciò, non manca il conforto e la preghiera da parte della Chiesa ai vari livelli, ma anche dalle comunità islamiche del territorio regionale e nazionale. Una preghiera e conforto condivisi che emozionano e commuovono. Così come l’omaggio del capo dello stato Sergio Mattarella, raccolto in silenziosa contemplazione dinnanzi alla moltitudine di bare - alcune senza nome - collocate all’interno del palasport di Cutro, trasformato in una grande camera ardente.

Il suo gesto e il suo conforto a ciascun parente delle vittime sono immagini anch’esse che passeranno alla storia. Così come il Consiglio dei ministri straordinario convocato dalla premier Giorgia Meloni e riunitosi a Cutro il 9 marzo, quasi un atto necessario per smorzare le polemiche sollevatesi circa un presunto disinteresse dello stesso presidente del Consiglio dei ministri su quanto accaduto. Il provvedimento che ne è seguito è il cosiddetto “Decreto Cutro”. Un atto legislativo che inasprisce le pene nei confronti dei trafficanti e apporta modifiche alle norme sull’immigrazione, imponendo ulteriori restrizioni, ma senza intervenire sull’aspetto più importante legato al fenomeno migratorio: quello umanitario.

Cutro un anno dopo, l'analisi di Creazzo (Sos Mèditerranèe): «Il naufragio della politica»

Intervista di Davide Imeneo

Un anno dopo Cutro, un anno in cui l'Italia e l'Europa non hanno fatto significativi passi avanti nelle politiche migratorie e di accoglienza. «Dal punto di vista dei governanti italiani ed europei, il naufragio di Cutro non ci ha insegnato assolutamente nulla», questo è il commento di Francesco Creazzo, giovane calabrese, addetto stampa della Ong Sos Mediterranee, imbarcato tra gennaio e inizio febbraio sulla missione 32 della Ocean Viking in cui sono state soccorse 71 persone il 29 gennaio, sbarcate il 2 febbraio a Livorno.


PER APPROFONDIRE: Naufragio di Cutro, il potere vive sempre la Verità come una minaccia


«Al di là delle verità che saranno accertate processualmente, continua Creazzo, quello che è subito emerso con evidenza all'indomani della strage è che è la trasformazione di un fenomeno umanitario in un fenomeno di polizia a causare le omissioni di soccorso e quindi le tragedie nella cavalleria. Non solo la strategia europea e italiana non è cambiata, ma si insiste con la stessa “medicina”. Viene da pensare che l'effetto di queste politiche, cioè la morte, non sia esattamente indesiderato. La morte è al centro di questa politica di deterrenza delle partenze, è uno strumento per dissuadere le masse disperate dal cercare una speranza - l'ultima - in mare».

Lei è stato imbarcato su una nave della sua Ong. Tre cose che le sono rimaste impresse?

Spiace essere macabro. Ma la cosa principale che si vive in mare è la presenza costante della morte, a un passo da soccorritori e naufraghi. Poi il silenzio della prima notte dopo il soccorso: “La prima, dopo anni, in cui mi sono sentito al sicuro”, mi ha detto un ragazzo scappato dopo 4 anni di prigionia in Libia. La terza? La professionalità maniacale dei soccorritori di Sos Mediterranee a bordo della Ocean Viking. Ore e ore di riunioni ed esercitazioni perché nessuna vita va perduta.

Dal suo punto di vista, dopo Cutro, la politica ha cambiato passo?

Posso aggiungere che in un certo senso è cambiato passo, anche se in negativo. La repressione e la criminalizzazione dei soccorritori è ancora più intensa di prima: è necessario togliere gli occhi della società civile dagli abusi che l'Europa e l'Italia sponsorizzano. La guardia costiera libica, armata, equipaggiata e finanziata dall'Italia, riporta le persone in fuga nell'inferno dei lager libici. Le nostre navi lo raccontano, è per questo che sono scomode. Il decreto Piantedosi e la prassi dei fermi amministrativi è l'ultimo livello di una repressione feroce che va avanti da 8 anni.

L'accordo con la Libia prima, quello con l'Albania adesso... qual è la sua opinione a riguardo?

Le politiche di esternalizzazione dei confini tramite gli accordi con Libia, Tunisia ed Albania sono parte di questa strategia di chiusura che ha già dimostrato palesemente la propria inefficacia, oltre che la disumanità. Come polvere sotto il tappeto, le vite delle persone in fuga vengono nascoste dietro i confini, pagando paesi terzi per perpetrare le violazioni dei diritti umani che gli Stati europei vorrebbero compiere ma non osano. Credo che il Papa a Marsiglia a ottobre scorso sia stato chiaro: ciò che accade nel Mediterraneo “grida vendetta verso il Cielo”.

Cosa si può fare per cambiare veramente le politiche dell'accoglienza in Europa?

Accettare che siamo di fronte a un fenomeno epocale che va gestito e regolamentato, avendo come faro lo sforzo umanitario. Finché la logica poliziesca, finanziata al guadagno economico, prevarrà, si continueranno a produrre tragedie. Il soccorso in mare andrebbe in ogni caso garantito, al di là delle idee sulla gestione delle migrazioni. Certo, questo ultimo ambito è enormemente complesso e nessuno può pensare di avere la soluzione completa a un fenomeno epocale, che si è ripetuto a più riprese nella storia umana. Certamente aiuterebbero il soccorso in mare e la creazione di canali sicuri, aiuterebbero ad allentare la presa che le ex potenze coloniali mantenendo sul continente africano, aiuterebbero a creare alternative alla migrazione. Ma, ripeto, questo non ha niente a che vedere con la necessità del soccorso in mare che è questione totalmente pre-politica: è la base dell'umana civiltà.

Il primo anniversario del naufragio, peluche e candele sulla spiaggia per ricordare le vittime

Trentacinque peluche sistemati a cerchio con al centro una maglietta bianca con su scritto Kr46M0, la dicitura con cui era stato indicato uno dei bimbi di pochi mesi, morto.

E poi 94 candele accese a rischiare il buio della notte. Così, sulla spiaggia di Steccato di Cutro almeno un centinaio di persone ha voluto ricordate la tragedia di un anno fa, il naufragio del caicco Summer Love che provocò la morte di 94 persone, 35 delle quali minori.

Un'iniziativa voluta dalla rete 26 Febbraio - che riunisce circa 400 associazioni - celebrata alle 4, l'orario in cui avvenne lo scontro del caicco contro una secca ad un centinaio di metri dalla riva.
Anche alcuni superstiti e familiari delle vittime hanno voluto essere presenti. Straziante, il pianto dirotto di una donna afghana che nel naufragio ha perso la sorella e due nipoti. La donna non ha retto all'emozione di trovarsi a pochi metri da quel mare - agitato come lo era quella notte - che le ha portato via i suoi cari ed ha avuto un malore.

Il racconto del ragazzo superstite: «Ho rivissuto quei momenti, è stato molto difficile»

«Ho rivissuto le stesse emozioni di quel giorno, quando la barca è affondata ed è stato molto difficile». Ha raccontato Samir, 18enne afghano che si è salvato aggrappandosi ad un pezzo di legno. «I soccorsi sono arrivati tardi - ricorda - avevamo visto una luce e e pensavamo fossero i soccorsi invece era un peschereccio m quando siamo giunti sulla spiaggia non c'era nessuno».

Adesso vive ad Amburgo ed ai governi italiano e tedesco - così come tutti gli altri familiari delle vittime e superstiti - chiede di potersi ricongiungere con i familiari rimasti in patria con l'apertura di corridoi umanitari.

Durante la commemorazione silenziosa, lo zio di un ragazzo morto nel naufragio, ha recitato alcuni versetti del Corano. Quindi superstiti e familiari delle vittime hanno pregato in direzione della Mecca. Al termine, due superstiti, insieme ai due pescatori che per primi intervennero sul luogo della strage, hanno gettato una corona di fiori, quindi si sono stretti in un abbraccio sciogliendosi in lacrime al ricordo di quella notte di un anno fa.

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