Avvenire di Calabria

Ddl Pillon, una legge per superare le «disparità» genitoriali

Dietro le contrapposizioni ideologiche si nascondono i problemi che nessuno vuole affrontare in Italia

Massimo Praticò

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Nella nostra società moderna, da tempo si avverte un grande desiderio di cambiamento legislativo che possa tenere il passo con la realtà familiare, ormai in netto mutamento.

È proprio questo il fine del Ddl 735 (o Ddl Pillon), ossia cambiare l’oramai obsoleta norma ancora in corso, la 54/2006, che per quanto potrà essere non in linea con la famiglia attuale, viene anche male applicata, deludendo molte aspettative e speranze di chi ha l’intenzione di allontanarsi dal nucleo familiare, fattivamente e non affettivamente, laddove ovviamente ci siano figli. Il Ddl Pillon è una norma veramente «uguale per tutti» così come vuole la Costituzione Italiana, in quanto non mette in un cantuccio né il padre, né la madre dopo la separazione coniugale, e non dà nemmeno l’arduo compito a delle piccole creature di decidere con chi stare, dove e per quanto tempo, non facendo più sentire il bambino «merce di scambio», piuttosto che «arma di ricatto»; eh bene si, perché molti di noi prima di entrare in questa bolgia di separazioni non consensuali, e quindi di iniziare delle vere e proprie battaglie spesso scaturite da chi è stato lasciato, in quanto soggetto «ferito e deluso», non sapevamo che questo soggetto emotivamente frustrato, possa diventare un soggetto che spesso usa e abusa il minore affinché l’altro genitore possa sottostare a tutte le richieste pur di non perdere il figlio.

Anche la comunità scientifica si è espressa, ed ha acclarato questa disparità genitoriale che, con dati alla mano, ha dimostrato la possibilità di conseguenze rovinose di natura psico–fisica nei confronti del minore che, invece di essere tutelato da una situazione già di per sé disagiata, diventa sempre più una vittima.

Se si guarda anche un altro aspetto, potremmo dire che il Ddl Pillon è una proposta di legge che vuole aiutare addirittura anche i giudici italiani stessi, dimezzando i tempi giudiziari, e facendo rivestire loro una posizione di veri tutori familiari, da dove far partire un reale senso di civiltà e di uguaglianza che ad oggi manca.

È palese infatti che non vi è una spartizione equa delle tempistiche inerenti la frequentazione del bambino con l’uno o l’altro genitore, e questo porta ad un’esclusione, in molti casi anche totale, della mamma o del papà che non risiede assieme al minore, dando vita ad una famiglia monogenitoriale (oggi il 90% dei minori vive in questo tipo di famiglia), e rendendo molto spesso il bambino «orfano di genitore vivo». La tutela del minore è quindi il fine principe di questo Ddl, ma all’interno racchiude anche altri aspetti importanti, i quali molto molto spesso, sono proprio il punto di partenza delle varie problematiche e dei vari contenziosi nelle aule di tribunale; stiamo parlando infatti dell’aspetto economico. Come prevede il Ddl Pillon, il minore trascorrerà i giorni del mese al 50% con ogni genitore, per instaurare o mantenere con entrambi un rapporto di assoluta familiarità e quotidianità; premesso ciò il contenzioso economico cesserebbe di esistere tra i due genitori, in quanto ognuno di essi provvederà in totale autonomia ad ogni esigenza del minore, ove quest’ultimo non potrà essere più abbindolato dalla situazione che vede il genitore con cui abita esborsare soldi per acquistare tutto ciò di cui ha bisogno, senza sapere che dietro quel gesto si celano anche i sacrifici dell’altro genitore che ha provveduto a mandare il mantenimento «dietro le quinte». Il bambino saprà a questo punto che nei giorni trascorsi con la mamma, questa ha provveduto alle sue esigenze, e che quando starà col padre, questo avrà anche conoscenza delle sue premure.

Si sta già lavorando per migliorare la proposta già presentata, cercando quindi di renderla a misura di bambino.

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