Avvenire di Calabria

bbiamo chiesto ad alcuni stakeholders la propria opinione: questo è il turno di Giuseppe Marino

DIRITTI UMANI. Marino: «Globalizzazione, serve nuovo umanesimo»

Giuseppe Marino *

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Nel tempo della globalizzazione dei consumi, della comunicazione Social, delle paure, dei nuovi muri alle frontiere, dell’alta velocità, dovremmo tutti rallentare e chiederci se questa corsa sfrenata verso un mondo più veloce, efficiente, sicuro e sviluppato vada davvero nella direzione di un mondo più giusto. Di un mondo, cioè, dove si riducano le disparità e la persona umana, da strumento di sfruttamento nelle mani dei potenti, diventi il baricentro di scelte coraggiose per vedere applicati i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948 con la Dichiarazione Universale che Giovanni Paolo II non esitò a definire «una delle più alte espressioni della coscienza umana del nostro tempo». Sono lontani i tempi, ma il messaggio è sempre più attuale, in cui Paolo VI, con l’enciclica

Populorum progressio ha voluto dirci che il progresso è una vocazione, nel senso che ogni uomo è chiamato aì uno sviluppo, perché ogni vita è vocazione, disegnandoci il valore dello sviluppo su una dimensione strettamente umana. Papa Francesco,con il suo alto magistero, ha evidenziato più volte l’urgenza di difendere i diritti dell’uomo.

Dovremmo oggi ricordarci che la dignità umana non conosce confini o appartenenze ma è universale, perché essa è connaturata alla stessa vita, alla profondità ed al mistero dell’esistenza ed è uguale in ogni persona.

Il riferimento della Dottrina sociale al diritto a vivere in una famiglia unita ed in un ambiente morale favorevole allo sviluppo della propria personalità, oggi non può non farci pensare alle migliaia di bambini rinchiusi nei campi profughi in Grecia e Giordania o, ancora, ai ragazzi reclutati dalle milizie in Nigeria. Ma ciò che oggi deve destare ancor di più la nostra preoccupazione è che il “civile” mondo occidentale non soltanto non fa nulla per risolvere i vecchi (questione palestinese) e nuovi (Siria) conflitti mondiali, ma apre esso stesso nuove frontiere, nuove tensioni e divisioni. L’Italia e il Mediterraneo sono uno di questi confini.

Dinanzi a questo nuovo mondo, noi cosa possiamo fare? Innanzitutto, dobbiamo ricordarci di essere titolari non soltanto di diritti, ma anche di doveri. «Ogni diritto in una persona comporta un rispettivo dovere in tutte le altre persone» (Giovanni XXIII,

Pacem in terris). Questo riferimento fa pensare alla condizione di vita di tante persone nella nostra città, in particolare in alcune aree periferiche dove, soltanto da poco, si è avviato un percorso di legalità e di inclusione sociale che speriamo possa ricostruire condizioni di dignità. Fa pensare al diritto di vivere in una città pulita ed in un ambiente sano ed al corrispettivo dovere civico alla raccolta differenziata ed al rispetto dell’ambiente;al diritto al lavoro ed al dovere di non sfruttare l’altro per perseguire il proprio arricchimento; al diritto di costruirsi il lavoro, magari avviando nuove attività ed al dovere del rispetto delle leggi. Si pensi ancora al diritto all’istruzione ed alla formazione e al dovere di rispettare e premiare il merito e non le appartenenze. Ed infine si pensi al diritto ad essere accolti ed ascoltati, ma anche al dovere di accogliere ed aiutare il povero, l’ultimo, il profugo, l’immigrato, rigettando e condannando ogni forma di xenofobia e di egoismo. Il tema dei diritti umani dovrebbe investire direttamente le coscienze di tutti i cristiani e, conseguentemente, spingerci a costruire, partendo dal nostro agire quotidiano e realizzando la nostra vocazione di vita, un mondo più giusto per rispondere positivamente all’appello “sturziano”, sempre più attuale, ritornando ad essere tutti un po’ più liberi e forti.

* assessore comunale alla Smart city

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