Al via la macchina organizzativa del Carnevale di Reggio Calabria
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Solo riuscendo a guardare molto in Alto e con un discernimento profondo, si può affrontare lo sgomento per la grave crisi, con tanto sangue innocente e grida disperate, che investe la storica problematicità e complessità di Israele e della Palestina, interpellando coscienze e comunità.
Qualche luce può provenire dalla memoria e dalla profezia della tradizione che lega da tempo la Chiesa Reggina con la Terra Santa, rileggendo alcuni spunti significativi del contributo di don Domenico Farias.
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Il Prete reggino aveva armonizzato studio, ricerca intellettuale e contemplazione. Da teorico lungimirante del fenomeno migratorio terzomondiale, della mondialità e del “glocale”, della marginalità, del rapporto tra “i vicini e i lontani” dei vari “Nord” e “Sud” del mondo riproponeva questi problemi nella formazione culturale e “cattolica” ispirando la nostra Chiesa Particolare lungo due direttrici per il suo cammino. Così da far scrivere di Lui al vaticanista Luigi Accattoli: “Quanto mondo si può vedere da Reggio Calabria”.
Dilatando la lettura della Calabria, ha proposto la riscoperta delle “radici Paoline” come ispirazione missionaria per la nuova evangelizzazione e testimonianza di comunione con le altre Chiese di origine Apostolica del Mediterraneo. Perciò incoraggiava viaggi dalla Sicilia a Malta e Cipro, fino alla Grecia, alla Turchia (“terra santa della Chiesa”), alla Siria e alla Giordania. Costruendo ponti di conoscenza e scambi con monsignor L. Padovese (Simposio ecumenico Paolino a Reggio e partecipazione reggina ai Simposi in Turchia), don A. Santoro, le Figlie della Chiesa di Tarso, quali comunità vive di minoranza e non solo “reperti” di illustre memoria.
Con sguardo amorevole alla Terra Santa (di Gesù e del Popolo Ebraico), attraverso la Chiesa Madre di Gerusalemme e, in particolare, all’amicizia con figure significative dal cancelliere Adib Zoomot, al vicario William Shomali e ai patriarchi Michel Sabbah e Fouad Twal.
L’impegno di ascolto e studio della Bibbia, arricchito dai Padri, si sviluppava nell’attenzione alla Geografia della Salvezza. Leggere la Parola nella e con la terra di Gesù occupava grande rilievo ed apriva la mente alla questione della contesa storica dei due popoli e delle religioni per la “terra”. Venivano intessuti rapporti con il Patriarcato Latino; promossi frequenti pellegrinaggi nella visione antropologica della vita come viaggio, curati nella motivazione, preparazione spirituale e culturale (con l’ausilio di fonti e strumenti, carte bibliche e videocassette di cui veniva attrezzata la Biblioteca Arcivescovile) e si valorizzava la rete delle cooperative di cristiani palestinesi.
Di consueto l’avvicinamento alla Città Santa iniziava con l’incontro spirituale della Comunità Monastica dei Dossettiani sul Monte dello Scandalo, di fronte alle mura orientali.
Insieme ai Luoghi Santi, pietre miliari divenivano il Caritas Baby Hospital di Betlemme per la cura dei Bambini di ogni etnia e religione e l’Istituto Effatà (audiolesi); il Seminario di Beit Jala nella prospettiva di qualche tipo di “gemellaggio” con il nostro PIO XI; alcune parrocchie. La sensibilità ecumenica e interreligiosa trovava spazio nella empatia con rappresentanti delle Comunità sorelle (Armeni del Santo Sepolcro) e delle altre Religioni, anche in piccole esperienze: dall’ospitalità presso la famiglia del dottor Al Sayyad Said (Primario al GOM), qualche volta compagno di viaggio, alla visita delle sinagoghe e del quartiere ebraico ortodosso, nel quale don Farias aveva scoperto un artigiano dove acquistava o risuolava ogni anno le scarpe mantenendo un rapporto embrionale di simpatia reciproca.
Alcune nostre famiglie coltivavano l’amicizia con l’esperienza interculturale e interreligiosa di educazione alla pace e alla convivialità delle differenze di Nevè Shalom-Waat as-Salam realizzata da padre Bruno Hussard.
Il dialogo interreligioso veniva approfondito con incontri di studio a cura di specialisti eminenti (padre M. Borrmans o M. Lagarde dei Padri Bianchi e del PISAI di Roma) o rappresentanti dell’Islam (memorabile il confronto di don Domenico con l’Imam Abd al-Wahid Pallavicini nella piazza di Gallina). Il discorso si sviluppava anche nell’amicizia con l’Ebraismo italiano, dal Rabbino E. Toaff a G. Laras ed a E. Kopciowski.
Rapporti di sostegno e ospitalità fraterna a Reggio (valorizzando casa Mariotti) si mantenevano con gli studenti preti e laici/laiche palestinesi che si qualificavano in Italia nelle Facoltà Pontificie.
Il nostro Ufficio Diocesano Famiglia, con Lucio Raffa e don Lillo Spinelli intratteneva buoni rapporti con l’analogo Patriarcale curato da don Ramzi Nimeh (come seminarista adottato da coniugi Calabresi), invitato a parlare nel nostro Auditorium sui problemi delle famiglie e sulla situazione del Vicino Oriente.
PER APPROFONDIRE: Conflitto in Israele, la lettura di don Valerio Chiovaro
Confronti e amicizia arricchiti dalla iniziativa di Benedizione dei Bambinelli, in Avvento nella nostra Cattedrale, coinvolgente numerosi bambini, associazioni e famiglie reggine, in collaborazione tra pastorale familiare, Scuole Cattoliche-FISM-Cooperativa Il Sentiero-ACR-Lupetti-Cori, allo scopo di valorizzare la tradizione del presepe dal punto di vista educativo-spirituale e soprattutto biblico. In cui risaltavano gli elementi della terra di Gesù, di ieri e attuali. L’esperienza era caratterizzata dalla sensibilizzazione e realizzazione di una colletta solidale a favore dei bambini seguiti dal Patriarcato.
Altri momenti di riflessione teologica e su problematiche storico-sociali si sviluppavano con Monsignor Giacinto Marcuzzo Vescovo per la Galilea, con il Centro Culturale san Paolo.
La predilezione per la Chiesa Locale, non escludeva diversi rapporti mandati avanti con i Francescani ed i loro Centri. Ad esempio con padre Claudio Baratto, ofm, che era stato un certo periodo in missione a Montebello Ionico. L’archeologo padre Michele Piccirillo ha parlato da noi in conferenze sulla significatività storica e religiosa di alcuni siti in proficua cordialità con la nostra Diocesi, coronata dagli studi di don Valerio (ispirato e incoraggiato da don Farias) all’Istituto Biblico Francescano di Gerusalemme.
Sono da ricordare, nel metodo e nello spirito luminoso anche per il cammino ecclesiale, questi semplici segni di una consuetudine del Mediterraneo e specie della Terra Santa. Vissuta e interpretata quale crocevia ospitale e della convivialità delle differenze, stratificata di valori e messaggi universali, non di chiusure identitarie e violente che, come in questi giorni, bestemmiano la vocazione di Gerusalemme “dicta pacis visio”, mentre la Babele distruttiva ritorna ad avanzare (D. Farias, in La Biblioteca di Gerusalemme, 1996, p.7).
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