Riforma del Welfare in Calabria, il 2023 l’anno della svolta?
Per il portavoce del forum Terzo Settore servono investimenti seri sulle politiche sociali.
660mila, i ragazzi che hanno fatto uso di sostanze psicoattive illegali nel corso del 2018; 334, le morti per overdose nel corso del 2018: una vittima ogni 26 ore, per intendersi, con un raddoppio dei decessi fra le donne; 460mila, le persone che hanno bisogno di trattamenti terapeutici per una dipendenza conclamata. Da droga, da alcol ma anche da gioco d’azzardo. Ma di dipendenze non ne parla più nessuno o quasi.
Fragili, immunodepressi, a rischio. Eppure completamente dimenticati, proprio come prima che scoppiasse la pandemia. Se c’è un capitolo assente dalle agende del governo, per cui nessun protocollo scientifico di sicurezza è stato stilato e tanto meno immaginato, è quello delle migliaia di giovani con dipendenze. Figli d’Italia – studenti, disoccupati, al primo impiego – che hanno attraversato il deserto del lockdown assieme al loro incubo: chi nelle comunità, dove ad accompagnarli sono rimasti a titolo esclusivamente volontario (spesso del tutto privi di dispositivi di protezione) la maggior parte degli educatori e degli operatori; chi chiuso in casa, in astinenza, o alla ricerca disperata di droga sull’unico canale che è stato in grado di garantirla lontano dalla strada, cioè il web.
L’allarme consumi e servizi Dimezzati, causa quarantena generale, i servizi diurni e i Serd (che hanno garantito per lo più il metadone), azzerati i nuovi ingressi nelle comunità (messe ulteriormente in ginocchio, per altro, dal blocco economico), polverizzati i progetti in corso (tra cui la revisione della vecchia legge sulle dipendenze), nel campo della presa in carico dei più fragili fra i ragazzi ora si rischia di fare un balzo indietro di anni. Col risultato prevedibile – visto che lo spaccio invece continua, fiorente – che alla fine tornino proprio le sostanze a vincere. La situazione è allarmante. Nelle ultime due settimane casi di overdose si sono registrati un po’ ovunque lungo lo stivale, come atteso: le riaperture hanno portato con sé il ritorno sulla strada di tanti giovani restati in astinenza forzata durante il lockdown. E fuori dalle comunità, prima chiuse ed ora contingentate, la fila delle attese è aumentata all’inverosimile. Ma di allarmi il mondo delle comunità ne ha lanciati a ripetizione negli ultimi anni, inascoltato: i dati dell’ultima Relazione al Parlamento sulle droghe avevano evidenziato una drammatica crescita nei consumi, specie tra i minorenni, e un trend crescente di morti (in media uno ogni 26 ore).
Lo spartiacque Covid «Poi è arrivato il Covid e le strutture che accolgono questi “esseri in fuga”, non solo i tossicodipendenti ma sempre più spesso anche i malati psichiatrici, gli scarti, sono rimaste invisibili. Periferie troppo lontane dai riflettori». A prendere carta e penna qualche giorno fa sono stati Biagio Sciortino, presidente nazionale di Intercear-Rete dei coordinamenti regionali degli enti accreditati per le dipendenze, Luciano Squillaci, presidente nazionale della (Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict), e padre Salvatore Lo Bue, presidente della Casa dei Giovani (Bagheria). Uno sfogo in una lettera aperta: «Nelle nostre strutture – evidenziano le comunità – si è capito subito che non bastava limitarsi a fare delle richieste ad autorità superiori, ma bisognava rimboccarsi le maniche e operare autonomamente delle scelte per salvaguardare i ragazzi ». E così è stato: «L’isolamento è stato scelto prim’ancora che baluginasse alla mente degli esperti nazionali» o che scoppiasse il ben più noto caso delle Rsa. «Grazie a questa decisione in parecchie centinaia di comunità terapeutiche italiane non si sono registrati casi di positività al Covid-19 e non perché, come dice qualcuno, i tossicodipendenti sono immuni: al contrario, l’uso di droghe abbassa le difese immunitarie».
Per il portavoce del forum Terzo Settore servono investimenti seri sulle politiche sociali.
Il presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche chiede venga tenuta alta l’attenzione sulla malattia. «Il problema esiste ancora, la politica non lo sottovaluti».
Il momento è delicato, ma non ci si dimentichi di chi paga il prezzo più salato della crisi