Tutti i documenti della Chiesa Cattolica dopo il Vaticano II, dalla Nostra Aetate fino alle parole di Giovanni Paolo II e di Francesco alla Sinagoga di Roma, mettono in luce l'unicità del rapporto ebraico cristiano. Nella dichiarazione Nostra Aetate (n.4), il Concilio parla del vincolo che lega spiritualmente cristiani ed ebrei, del "grande patrimonio spirituale comune agli uni e agli altri e afferma anche che la Chiesa riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei Patriarchi, in Mosè e nei Profeti. Pertanto gli ebrei e l'ebraismo non dovrebbero occupare un posto occasionale e marginale nella catechesi e nella predicazione, ma la loro indispensabile presenza deve esservi organicamente integrata. Dopo i dieci anni trascorsi insieme riflettendo sulle Dieci Parole, la Giornata per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra Cattolici ed Ebrei del 2017 (la XXVIII della serie) è stato scelto di proporre, per i prossimi cinque anni, alla comune riflessione un brano preso da cinque libri biblici, che nella Bibbia Ebraica costituiscono le cinque "meghillot" (i rotoli): Rut, Cantico dei Cantici, Qoelet, Lamentazioni, Ester. Nella nostra Bibbia questi libri occupano posti differenti in base al loro legame con dei supposti periodi storici. Così Rut è collocato dopo il libro dei Giudici, perché inizia con queste parole: "Al tempo dei giudici...", e fa da cerniera tra i giudici e la monarchia, perché dalla discendenza di Boaz nascerà Davide, come si legge alla conclusione del libro stesso (Rut 4,21-22). Il Cantico dei Cantici e Qoelet sono posti tra i libri sapienziali, mentre Lamentazioni si trova collegato al libro di Geremia per il riferimento alla distruzione di Gerusalemme e per l'attribuzione tradizionale al profeta stesso. Ester è invece l'ultimo dei cosiddetti libri storici. Nella tradizione ebraica ogni libro viene letto in una delle feste più importanti. Il libro è una sorta di novella, che ci mette di fronte a una donna, Rut, proveniente da una terra straniera, Moab, dove la suocera, Noemi, sposa di Elimelec, era emigrata a causa della carestia. Rut è quindi una straniera andata in sposa al figlio di una betlemita. Siamo davanti a una storia tanto attuale, che ci mette a contatto con il dramma dell'emigrazione di tante donne e uomini che fuggono dai loro paesi non solo per le guerre, ma anche per la povertà e l'impossibilità di provvedere al futuro delle loro famiglie. I commenti sono stai affidati al Rabbino Alfonso Arbib, Rabbino di Milano e Presidente dell'Assemblea dei Rabbini d'Italia, e a Mons. Ambrogio Spreafico, Vescovo di Prosinone-Veroli-Ferentino e Presidente della Commissione Episcopale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso. Anche nella nostra diocesi si terrà in incontro, come ogni anno, con la presenza del Rabbino capo della Comunità ebraica di Napoli Umberto Pipermo. L’evento è previsto per martedì 31 grannio alle ore 18,00 presso la Sala Mons. Ferro presso la Curia Arcivescovile. L’iniziativa promossa dalla Commissione Ecumenica Diocesana è un tassello prezioso in un dialogo continuo ed incessante con i nostri fratelli maggiori, come ci ha insegnato a chiamarli il beato Giovanni Paolo II. Parlare di evoluzione del dialogo ebraico-cristano per noi di Reggio significa tenere ben presente anche il legame antico che unisce storicamente il popolo giudaico alla città reggina. Mi piace richiamare la leggenda, che farebbe risalire la fondazione di Reggio ad un pronipote di Noè, un certo Aschenez in fuga dal proprio paese. Questa leggenda, oggi dimenticata dai più, era un tempo viva nell’immaginario popolare, tant’è che una delle vie cittadine è intitolata proprio a questo personaggio. Al di là della suggestione leggendaria, è storicamente documentato che a Reggio si insediò e visse una comunità ebraica a partire dai primi secoli dell’era cristiana. A dimostrazione di questa tesi, in molti luoghi si conserva una toponomastica ebraica nei quartieri abitati dagli Ebrei (ricordiamo in particolare la via il nome Giudecca), e si parla anche della possibile presenza di una Sinagoga destinata al culto di questa comunità, documentata da un frammento di iscrizione greca, nel secolo IV, tanto che si pensa che la lingua degli ebrei di Reggio era il greco. Dunque, nel dialogo interreligioso è fondamentale – come ha detto Papa Francesco - che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode, che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda e cerchiamo di collaborare. E nel dialogo ebraico-cristiano c’è un legame unico e peculiare, in virtù delle radici ebraiche del cristianesimo: ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale sul quale basarsi e continuare a costruire il futuro.