Avvenire di Calabria

La penuria delle risorse ricade ancora sui deboli.

Fondi comunitari a rischio

Luciano Squillaci

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La Calabria, come del resto tutte le altre regioni europee “ex obiettivo convergenza”, ha visto passare dal proprio territorio, negli ultimi 15 anni, risorse che, da sole, avrebbero potuto consentire un salto di qualità straordinario, sia in termini di vivibilità che di benessere dei cittadini. Ma se ad oggi ancora la nostra regione è il fanalino di coda di tutte le classifiche che rappresentano il livello di qualità della vita, evidentemente non siamo stati in grado di cogliere sino in fondo le diverse opportunità fornite dalla programmazione europea.
Tutto ciò è apparso chiaro, in particolare, con la programmazione 2007–2013, che ha evidenziato una rilevante mancanza di capacità di spesa da parte della Regione.
Una incapacità legata a diversi fattori, peraltro ben esplicitati nel Documento di Orientamento Strategico (Dos) del nuovo settennio di programmazione 2014–2020, e dovuta, tra l’altro, alla frammentazione ed alla difficoltà di coordinamento tra i soggetti interessati ai diversi interventi settoriali, e prima ancora all’«assenza di un qua- dro di pianificazione definito o aggiornato ». In buona sostanza sembrano prevalere particolarismi che impediscono sia nella fase di programmazione come in quella di attuazione una governance armonica dei processi. A ciò va aggiunta evidentemente la diffusa «carenza di capacità di attori, beneficiari ed operatori locali nel progettare ed attuare gli interventi di loro competenza».
Eppure è proprio questa frammentazione, unita all’incapacità a programmare ed attuare interventi efficaci, che determina il gap che le politiche europee, prima ancora dei fondi, dovrebbero contribuire a colmare. E come spesso accade, purtroppo, a farne le spese sono soprattutto i cittadini più deboli e fragili.
In particolare sull’obiettivo tematico 9, relativo alle azioni per l’inclusione, sui fondi specifici per il sociale FESR ed FSE, sono state poste risorse pari al 9,1% del totale, ben al di sotto delle altre regioni interessate (la Puglia ne ha più del doppio).
Se poi consideriamo che anche sugli altri obiettivi tematici della nuova programmazione, non ci sembra di poter rinvenire un’armonica previsione di interventi integrati tra loro, e che permangono frammentarietà e ritardi abnormi, sembrano esserci tutti gli elementi perché la Calabria debba perdere anche il treno di questo nuovo settennio.
Occorre pertanto una immediata inversione di tendenza, provando sin da subito a recuperare quanto possibile in termini di programmazione e soprattutto dotandosi di una struttura adeguata per garantire la corretta attuazione di quanto progettato.
In particolare riteniamo fondamentale elevare la percentuale di investimento sui fondi Fesr e Fse, ponendola in linea con le altre regioni “ex obiettivo convergenza”. Una ridefinizione che potrebbe essere semplificata dall’apertura di una trattativa con il Governo che riporti il cofinanziamento in parità con l’investimento europeo. Non è giusto, infatti, che i cittadini calabresi debbano pagare l’incapacità strutturale alla programmazione ed alla gestione, originata da decenni di incuria e politiche clientelari che non hanno garantito la formazione di una classe dirigente e di una burocrazia adeguata al compito affidato.

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