Avvenire di Calabria

Torna d'attualità quanto stabilito, nel 1983, dalla Congregazione per la dottrina della fede, il cui prefetto del tempo era il cardinale Ratzinger

Galantino (Cei): «La Chiesa non ha mai accettato la massoneria»

Redazione Web

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Il "rapporto" tra Chiesa e Massoneria è da sempre stato al centro del dibattito socio-culturale nel nostro Paese. Di recente, poi, unitamente ai dubbi sulla natura "segreta" o per meglio dire occulta delle logge si sono aggiunti alcuni rilievi della magistratura inquirente e un lavoro certosino della Commissione bicamerale Antimafia. Il rischio "contagio" è alto, così continua a farsi strada l'idea che alcune confraternite stiano sperimentando l'ibridazione della "massomafia".

Non sono certamente mancate le polemiche sul tema con il Gran Maestro del Grande Oriente di Italia, l'obbedienza massonica più importante del Paese, che più volte ha richiamato a rettificare questa definizioni definendo questo periodo storico come "massofobico". Pochi giorni fa, anche i vescovi calabresi sono tornati sul tema attraverso una richiesta di implementare la formazione tra i sacerdoti in merito proprio all'abbraccio effimero tra 'ndrangheta e massoneria.

Una chiave di lettura abbastanza definita è fornita da Famiglia Cristiana che ha voluto ampliare il ragionamento estendendolo a più voci. Una, tra le più autorevoli, è quella di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana. «Nei confronti della massoneria - spiega Galantino -  la Chiesa ha tenuto, da sempre e con chiarezza, lo stesso atteggiamento: tutto ciò che da singoli o gruppi attenta al Bene comune a vantaggio di pochi non può essere accettato». Parole chiarissime ribadite con maggiore vigore dal presule che ha vissuto il suo episcopato proprio in Calabria, a Cassano allo Ionio. Nessun spazio, quindi, alle zone grigie, menchemeno alla 'ndrangheta: «Saremmo ingenui se pensassimo che i pronunciamenti papali o episcopali da soli possano invertire una rotta che è anche culturale e di civiltà. Bisogna continuare a ribadire in maniera chiara che gli atteggiamenti mafiosi non hanno niente a che spartire con il Vangelo e con la Religione vera e autentica. Vangelo e Religione sono, per loro natura, condanna della scelta idolatrica del mafioso, come disse il Papa a Cassano nel 2014. Il mafioso - sottolinea il segretario generale della Cei - capovolge la gerarchia dei valori. Al posto di Dio mette il proprio interesse e quello del suo clan, al posto della solidarietà mette lo sfruttamento violento, al posto del rispetto la prevaricazione e l’arroganza». E sui colletti bianchi? «C’è bisogno di vigilanza. Quello mafioso è un fatto culturale che si  fa strada lentamente, ma decisamente. È una forma di adattamento che, in mancanza di una vigilanza forte e di una cultura del confronto può prendere davvero tutti. Anche a noi preti può capitare di abbassare la guardia della sensibilità, della vigilanza evangeliche. Quando si lasciano aperti anche piccoli varchi fatti di compromessi, di parole non dette e denunce non fatte, - conclude Galantino - attraverso questi varchi il male si insinua e riempie gli spazi vuoti delle coscienze».

Le parole del segretario dei vescovi italiani trovano eco in quelle di Gian Carlo Caselli, che oggi dirige l’Osservatorio della Coldiretti sulle agromafie dopo essere stato procuratore a Palermo e Torino. «In democrazia non dovrebbero esistere associazioni segrete con vincolo di obbedienza. Invece esistono - spiega Caselli - e sono spesso veicolo di incroci torbidi fra mafiosi e altri potenti, con reciproco rafforzamento. Ma guai a chi ne parla più di tanto! C’è un processo di rimozione/riduzione collaudato da tempo e riscontrabile in molti delicati casi. Per esempio la vicenda Sindona e quella Andreotti. Un classico».

Prova a fare sintesi di questa coralità di pensiero, il direttore di Famiglia Cristiana, il giornalista calabrese Luciano Regolo: «I massoni sono fuori dalla Chiesa - scrive nel suo editoriale - sull'argomento la Congregazione per la Dottrina della Fede ha parlato chiaro. E nessun Gran Maestro può dare lezioni in merito». Una tesi che ha un preciso fondamento: «Tutti sappiamo che nel 1983, proprio per evitare ogni possibile confusione, l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, precisò che i massoni e gli aderenti alla massoneria di qualunque “obbedienza” erano da intendersi  fuori dalla Chiesa in quanto la loro visione della vita, anteponendo l’interesse dei sodali e creando, appunto, un sodalizio diverso tra persone, andava contro la logica della condivisione cristiana e il concetto del corpo mistico, ossia  - conclude Regolo - dell'unione di tutti i credenti in Cristo, una delle verità più belle della nostra religione».


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