Avvenire di Calabria

Il ricordo di don Nuccio Cannizzaro che da quasi trent'anni condivide una preziosa amicizia

Gianni Chirico, diacono premuoroso al servizio della Chiesa

Redazione Web

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di don Nuccio Cannizzaro - Ho conosciuto Gianni agli inizi degli anni 90, monsignor Mondello era diventato nostro vescovo da poco e io iniziavo il mio sevizio di Cerimoniere e Direttore dell’Ufficio Liturgico. Venne ad aiutarmi in Curia, Gianni, aspirante al diaconato permanente e già esperto di computer, era un aiuto prezioso per l’ufficio che allora muoveva i primi passi verso un nuovo rilancio. Lentamente, con il tempo imparammo a conoscerci meglio, conobbi la sua famiglia, la moglie, Giovanna e le piccole Katia e Angela. Erano una famiglia unita, salda, legata ai sani principi cristiani e animati da sincero proposito di servire le altre famiglie.

Abbiamo vissuto con il nostro servizio alla liturgia, anni memorabili. Ora lo posso dire, siamo stati di esempio a tutte le diocesi del Sud, per competenza e capacità formativa. I libretti delle nostre celebrazioni che sfornavamo a ritmi crescenti, giravano per tutte le diocesi. In altri termini, eravamo diventati il punto di riferimento per tutti. Gianni divenne diacono e cominciò il suo ministero in varie parrocchie. Nell’ultimo ventennio monsignor Mondello lo destinò nella mia parrocchia di allora, Sant’Elia Profeta a Condera. Fu inevitabile che la nostra frequentazione crebbe e la nostra amicizia si consolidò. Gianni esercitò il diaconato in pienezza, insieme a Giovanna facevano i corsi per i fidanzati, la preparazione al battesimo, Gianni curava la formazione dei ministranti, celebrava battesimi, funerali, mi sostituiva quando ero assente. In altre parole, la parrocchia aveva assorbito lo spirito di servizio che scaturiva dalla collaborazione tra presbitero, diacono e ministri, sia della liturgia, che della Parola e della carità.
 
Una parrocchia, si direbbe oggi, tutta ministeriale. Si viveva in armonia, ognuno aveva il suo incarico di responsabilità pastorale che portava avanti con competenza e libertà. Sia il parroco che il diacono erano a servizio, senza spadroneggiare sul gregge, o imporre fardelli a nessuno. Le attività che in quegli anni ci hanno visto protagonisti sono stati innumerevoli: corsi di artigianato per minori, attività sportive, scuola di liturgia, per lettori, ministranti, scuola di preghiera, adorazione eucaristica quotidiana, il tutto sempre con l’attenzione a creare comunione tra le due comunità di Condera e Pietrastorta. Il parroco e il diacono si aiutavano nella pastorale venendo incontro ai bisogni di tutti. In quegli anni abbiamo curato assieme anche la pastorale del dolore, la cappella del cimitero è stata una grande palestra di fede e di umanità per tutti noi. Tutta questa grande mole di lavoro svolta in parrocchia, non ci impediva di servire il vescovo e la diocesi nelle varie celebrazioni. Nel tempo abbiamo imparato a volerci bene, certo questo non escludeva litigi e arrabbiature vicendevoli che duravano un battito d’ali però. È facile andare d’accordo con gli amici quando tutto fila liscio, ma la vera amicizia si misura nella prova. Come recentemente ha scritto papa Francesco ai sacerdoti, “ Sono innumerevoli i sacerdoti che fanno della loro vita un’opera di misericordia in regioni o situazioni spesso inospitali anche a rischio della propria vita” (Francesco, Lettera ai Sacerdoti in occasione del 160° ann. della morte del Santo Curato d’Ars). In queste circostanze, anche da noi vissute in parrocchia, Gianni è sempre stato punto di riferimento della comunità, accanto al parroco e con il parroco. Ma soprattutto nella malattia che poi lo ha portato alla morte, Gianni ha saputo dare a tutti un’autentica lezione di fede e di speranza.
 
Davanti alla prospettiva della morte non si può più recitare, bisogna per forza essere autentici, altrimenti non siamo uomini. E davanti alla morte , Gianni non ha recitato. Ha affrontato a viso aperto la sua malattia e ha combattuto con le armi della fede, senza arrendersi mai. Fino alla fine. Il suo Testamento Spirituale che ha avuto il tempo di redigere, è l’ultima sua omelia diaconale. Preceduta solo dall’ultimo canto dell’Exsultet che con fatica e consapevole abbandono alla speranza ha cantato nella sua ultima Pasqua. “Prima di tutto voglio ringraziare il Signore per avermi regalato la fede. Gli sono riconoscente per tutto quello che mi ha dato, la vita, i genitori, la famiglia, gli amici, la vocazione Riprendo brevemente qualche frase stralciata qua e là dal testo.al diaconato. Dal giorno in cui ho fatto il mio Ecce, fiat, il Signore ha dato senso e sapore alla mia vita. Ha cambiato completamente la mia vita”. “ Un grazie va anche alla mia famigliola, a te Giovanna per avermi dato l’amore e a voi Katia e Angela di tutto l’affetto accordatomi e la fiducia data a tutti gli insegnamenti miei e di mamma, riservandoli nel vostro cuore”. “Specialmente nell’ultima malattia che a ciel sereno si è scatenata, con conseguente abbandono degli impegni quotidiani, specialmente gli impegni parrocchiali. A voi amici, che mi avete voluto bene, siete tanti, tutti vi ricordo e vi ringrazio uno per uno, ringrazio la vostra compagnia così vicina, la vostra collaborazione, la vostra pazienza e la vostra bontà. Spero di aver lasciato un buon ricordo: quello per cui ho sempre lottato, quello per cui ho creduto e si è avverato, lascerò a voi il compito di continuare a lottare anche per me, a rendere questo mondo migliore, a non fare morire la speranza, a vincere l’ipocrisia e fare trionfare l’AMORE”.
 
Diacono (per sempre) Gianni Chirico.

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