Avvenire di Calabria

Il magistrato messinese reduce dall'incontro con il Papa e le ex donne di mafia analizza in chiave prospettica lo stato dell'arte sul Protocollo Liberi di scegliere

Mafie, parla il giudice Di Bella: «Lo Stato garantisca un futuro a chi ha lasciato i clan»

L'auspicio dell'ideatore del percorso è che il protocollo, adesso finanziato coi fondi 8xmille alla Chiesa cattolica, venga definitivamente istituzionalizzato

di Davide Imeneo

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Nei giorni scorsi papa Francesco ha incontrato le donne che hanno lasciato la mafia. Si tratta delle cosiddette “vedove bianche”, cioè le mogli che hanno i mariti reclusi al 41bis e che hanno deciso di allontanarsi dai gangli delle famiglie di origine. Oppure si tratta semplicemente di donne che, stanche del clima di violenza e terrore che si respirava tra le loro mura domestiche, hanno chiesto aiuto allo Stato ed hanno intrapreso un percorso di rinascita.

Tale itinerario, attualmente, è reso possibile dal Protocollo Liberi di scegliere, ancora in via sperimentale, in gran parte finanziato coi i fondi 8xmille alla Chiesa cattolica. Liberi di Scegliere ha un “padre” molto speciale: si tratta del magistrato Roberto Di Bella. 👇 Ascolta la sua testimonianza in questo episodio del Podcast Good Morning Calabria.

Liberi di scegliere: una porta spalancata verso la "libertà"

Durante la sua presidenza del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria ha ideato questa possibilità per allontanare i minori e le loro madri dalle famiglie di mafia. Anche Di Bella ha partecipato all’incontro con il Santo Padre: «È stato molto emozionante per me e per tutte le donne che hanno partecipato con i loro figli», ha raccontato ad Avvenire di Calabria, nel numero in edicola domenica scorsa con il quotidiano nazionale Avvenire.


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«Devo dire che il progetto liberi di scegliere ha alimentato speranze laddove sembrava non esservi speranza», ancora le parole del magistrato che auspica una maggiore sensibilità da parte dello Stato nell'accogliere chi è fuoriuscito da contesti mafiosi.

Quali sono state le parole del Papa che l’hanno più colpita?

Il Papa ha incoraggiato queste donne a proseguire nella strada intrapresa e ha fatto sentire la sua vicinanza, le ha incoraggiate nei momenti di difficoltà a seguire e leggere il vangelo e a trovare conforto nella lettura delle Sacre Scritture. Il Papa ha dimostrato di conoscere bene il tema, di conoscere bene la sofferenza e lo smarrimento di chi decide di compiere queste scelte così profonde, così forti, di rottura… 

Cosa le hanno detto le donne dopo aver partecipato all’udienza?

Le donne presenti con i loro bambini erano molto emozionate e devo dire che è stato bello rivederle dopo tanti anni e constatare con mano quelli che sono i risultati che abbiamo raggiunto tutti insieme con l’aiuto dei fondi 8xmille della Conferenza episcopale italiana, dei volontari di Libera. È, devo dire, un percorso meraviglioso: i risultati vanno ben al di là di quelle che erano le nostre aspettative. Ho percepito l’emozione di queste signore ma anche dei loro ragazzi che nel frattempo sono cresciuti, molti di loro hanno perso anche l’inflessione dialettale d’origine. C’è chi studia, addirittura c’è chi va all’università… devo dire che questo mi ha fatto molto molto piacere.

Lei ha lavorato tanto per favorire il riscatto delle vedove bianche e delle donne succubi al regime mafioso, cosa resta ancora da fare?

Il progetto è partito in via sperimentale, ora dobbiamo consolidare i risultati: va bene il rinnovo del protocollo, ma per poter dare una continuità stabile, giuridica, finanziaria, culturale, psicologica al progetto “Liberi di Scegliere” serve una legge nazionale.

Allontanare i figli (e a volte anche le mamme) dalle famiglie di ‘ndrangheta si è rivelata una scelta vincente? Che bilancio può tracciare dell’esperienza del protocollo Liberi di Scegliere?

Il bilancio di Liberi di scegliere è estremamente positivo. In ormai quasi 10 anni sono entrati nel progetto circa 150 minori; circa 30 donne, con i loro figli, hanno deciso di lasciare la Calabria (adesso anche la Sicilia) per garantire alla prole un futuro libero dai condizionamenti della criminalità organizzata. Sono dei risultati molto importanti, addirittura alcune di loro sono diventate anche collaboratrici e testimoni di giustizia. Questa apertura è stata favorita proprio dall’ingresso nel progetto Liberi di scegliere.


PER APPROFONDIRE: «Liberi di scegliere», firmata l’intesa con Cei e ministeri


Secondo lei quali sono gli “ingredienti” per far si che questa “battaglia per la legalità” risulti vincente?

Il progetto ha innanzitutto una valenza giudiziaria, ma questa è limitata a casi circoscritti. Noi interveniamo quando le situazioni sono già patologiche la prevenzione primaria spetta ad altri, soprattutto alle agenzie educative primarie o penso alla scuola… e devo dire che il progetto Liberi di scegliere anche da questo punto di vista sta avendo dei risultati importanti. Di recente la regione Calabria ha promulgato una legge regionale che prevede lo studio del progetto in tutte le scuole calabresi di ogni ordine grado. Anche questo è un passaggio culturale molto significativo: l’argomento ‘ndrangheta non è più un tabù nelle scuole calabresi, così come era nei negli anni precedenti, si potrà fare veramente un’informazione capillare sulle nuove generazioni.

Alla Chiesa cosa consiglia e cosa chiede?

Alla chiesa io non devo dare consigli, sono già molto contento che la Conferenza episcopale italiana sta finanziando il progetto con i fondi dell’8xmille, attraverso le Caritas sta mettendo a disposizione tante strutture. Io credo che sia importante parlare il più possibile di questi temi anche nelle omelie domenicali. Io mi auguro che la Conferenza episcopale italiana dia delle indicazioni dottrinali-pastorali molto chiare alle diocesi del territorio soprattutto quelle che operano nelle zone a rischio, devo dire che siamo sulla strada giusta.

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