Calabria, le imprese puntano sul rilancio delle infrastrutture
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«Il post pandemia ha segnato una ripresa delle attività dei nostri musei diocesani in tutta la regione. Diverse le iniziative già avviate, altre ancora in cantiere». Non nasconde la voglia di ripartire, Paolo Martino, il quale oltre ad essere direttore del Museo diocesano di Oppido, è anche incaricato regionale per i Beni culturali ecclesiastici della Calabria e segretario della Consulta per i Beni culturali della Conferenza episcopale calabra.
La Giornata mondiale dei Musei che si celebra oggi, mercoledì 18 maggio, contestualmente alle Giornate di valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico (#visionidicomunità), diventa occasione per conoscere, più da vicino, la preziosa opera di valorizzazione, comunque, mai venuta meno anche durante questi ultimi due anni e mezzo condizionati dal Covid. Ne abbiamo parlato con Paolo Martino, incarica regionale per i Beni culturali ecclesiastici della Calabria e segretario della Consulta per i beni culturali della Conferenza episcopale calabra.
Maggio è un periodo davvero prolifico sia per le iniziative avviate che per le altre che sono in cantiere. Innanzitutto abbiamo ripreso i contatti con le scolaresche che stanno, nuovamente, iniziando a muoversi sul territorio e a riscoprirlo. Come rete dei musei ecclesiastici calabresi, inoltre, abbiamo portato la nostra esperienza al congresso nazionale dell’Amei che si è svolto a Bologna. Sul territorio regionale, invece, le iniziative sono diverse. In particolare, volti a coinvolgere i giovani in attività laboratoriali e a far conoscere loro il territorio in cui vivono.
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È lontana, ormai, l’immagine dei musei ecclesiastici calabresi quali luoghi polverosi, dove esporre opere alla rinfusa. Oggi sono siti di interesse storico e culturale, guidati da valide professionalità e bene organizzati, in cui ogni allestimento è curato con particolare dovizia e piglio scientifico. Le attività didattiche e di ricerca sono all’avanguardia e costituiscono un’eccellenza della nostra regione.
Tra musei diocesani (in tutto 15) ed ecclesiastici (parrocchiali e non solo, come ad esempio lo è il Museo della Confraternita del Carmelo di Bagnara o quello della Basilica di Seminara), nella sola Calabria possediamo ben 39 realtà.
La nostra rete museale, a tutti gli effetti, può essere considerata come una sorta di trincea a difesa di un patrimonio inestimabile, tramandatoci dalla fede e che i nostri antenati ci hanno affidato. Ecco perché abbiamo l’obbligo non solo di custodirlo ma di farlo conoscere e, a nostra volta consegnarlo, alle generazioni che verranno.
È proprio così. Il lavoro svolto dalla nostra rete è una sorta di vetrina volta a far conoscere una realtà ancora viva, non solo legata alla tradizione, ma anche al presente. Le faccio un esempio. Le anfore del settecento, custodite nel Museo di Oppido, appartenute al vescovo Tommasini, ogni anno il Giovedì santo, sono utilizzate per la benedizione degli olii. E così, decine e decine di pezzi artistici di tutti i nostri musei finiscono nelle processioni o vengono utilizzati in momenti liturgici. Sono parte attiva della devozione. È un fatto non solo religioso, ma anche culturale. Un rapporto che rende questo patrimonio non di esclusiva competenza, tra virgolette, della realtà ecclesiale, ma un servizio di bellezza per l’intera comunità.
Certamente. Basti pensare a due grandi opere in nostro possesso, non a caso “ambasciatori di bellezza” della nostra terra: il Codex Purpureus di Rossano, patrimonio dell’Unesco, che attira visitatori da tutto il mondo e il San Sebastiano di Benedetto Da Maiano del 1490, custodito ad Oppido. Quest’ultimo, nel 2021, è stato esposto al Museo del Louvre di Parigi e al Castello Sforzesco a Milano, contribuendo ad esportare il messaggio di una terra, la Calabria, culturalmente ricca e non seconda a nessuno.
Tante altre, tuttavia, sono le opere (ad esempio le circa 90 di epoca Rinascimentale sparse tra le diocesi di Reggio Calabria – Bova, Oppido – Palmi e Locri – Gerace), a rappresentare la bellezza artistica e culturale della nostra regione.
Il 90% dei beni culturali calabresi è di derivazione religiosa. Il team dell’associazione ha visitato da poco la Calabria e si è interessato proprio dei beni ecclesiastici della regione. Il lavoro svolto e al quale abbiamo contribuito, conferma già quanto documentato dalla Conferenza episcopale italiana, con tanto di scheda di catalogo concordata con il ministero dei Beni culturali, ben 130 mila beni.
PER APPROFONDIRE: Patrimonio culturale ecclesiastico, al via le Giornate
Noi ipotizziamo che il patrimonio possa essere costituito da 160 mila pezzi. Stiamo parlando di un enorme museo da valorizzare. Insomma, come una bella Ferrari, non possono rimanere in garage, vanno fatti conoscere al mondo. E l’iniziativa di Wikipedia aiuta in tal senso.
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