Avvenire di Calabria

L’anima del progetto, Bartolo Mercuri: «Prima gli italiani? Prima viene semplicemente chi ha bisogno»

I poveri senza colore di Maropati

Toni Mira

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«Sono “papà Africa” e “papà Italia”». Scherza Bartolo Mercuri, ma in quelle parole c’è la risposta a chi ogni giorno urla «prima gli italiani!». Ieri è stato alla baraccopoli di San Ferdinando per consegnare agli immigrati 150 sacchi a pelo e 150 coperte, fornite dalla prefettura. Martedì, come tutte le settimane, ha portato con un camion mille pasti completi. Oggi a Maropati, il suo paese alle falde dell’Aspromonte, come tutti i ve- nerdì sta consegnando viveri, indumenti e quant’altro a 500 famiglie povere italiane, più di 2mila persone.

«Prima gli italiani? Prima i poveri, tutti i poveri – taglia corto –. Per me non c’è primo o secondo. Aiuto chi ha bisogno. Il cuore deve essere aperto per tutti». Lui lo fa da più di venti anni con l’associazione il Cenacolo. Con gli immigrati della baraccopoli e degli altri ghetti, e con le famiglie povere di tanti paesi.

Oggi alle 14 c’è già la fila davanti all’ingresso della sede dell’associazione, in questo paesino di meno di 1.500 abitanti. Vengono dai centri della Piana di Gioia Tauro, ma anche da fuori provincia, dal Vibonese, lontano più di cinquanta chilometri. Intere famiglie, in gran parte giovani, con tanti bambini piccoli al seguito. Arrivano con grandi borse della spesa vuote, fanno pazientemente la fila, seguono le istruzioni dei volontari, ed escono con le borse piene di viveri e vestiti. Con Bartolo una settantina di volontari del Rinnovamento dello Spirito. Molti i giovani, volti sorridenti. Ci sono anche cinque detenuti che scontano qui la pena con affidamento ai servizi sociali. Nel salone grandi montagne di viveri. Ci sono quelli del programma aiuti europei, quelli del Banco alimentare, quelli raccolti dal Cenacolo davanti ai centri commerciali. Tutto documentato dai cartelli. Massima trasparenza. «Quello che il Signore ci manda noi diamo. E il Signore ci manda tutto», sottolinea Bartolo. Viveri, vestiti, coperte, medicine, libri scolastici, cartoleria. Tutto sistemato con ordine e con ordine distribuito. La porta è aperta per tutti, in gran parte italiani, ma ci sono anche bulgari e marocchini, da anni residenti nella Piana. Si chiede solo la certificazione Isee sotto i 3mila euro. Povertà certo, ma vedi facce normali, tanta dignità, nessuno spinge, tutti aspettano il loro turno. Sono le nuove drammatiche miserie. «Si vergognano ma vengono lo stesso perché non ce la fanno da soli», ci spiega ancora Bartolo. Come una giovane mamma di Giffone con sei bambini da 4 a 16 anni. «Che bello, sono una provvidenza », dice sorridendo mentre tra i mucchi di vestiti cerca qualcosa per i figli. «Vengo tutte le settimane, ne abbiamo bisogno. Mio marito lavora poco...», quasi si giustifica. Bartolo chiama la figlia più piccola. Oggi ci sono anche dei giocattoli. La bimba prende una scatola con un gioco didattico. Gli occhi luccicano di gioia. Basta poco. Già, basta così poco. Ecco un’altra famiglia numerosa, cinque figli da 2 a 13 anni. Viene da San Ferdinando, sì proprio dal paese della baraccopoli. «Nella Piana il lavoro era l’edilizia e quelle lì – dice il papà indicando alcune casse di clementine –. Ma non si costruisce più e le clementine le pagano 5-10 centesimi al chilo. E chi le raccoglie più? Così andiamo avanti col sussidio di disoccupazione ma non basta...».

Un signore arriva con due buste piene di vestiti, le svuota e poi le riempie di viveri. «Viene da Polistena, ha la moglie disabile ma vuole contribuire anche lui. I poveri aiutano i poveri», riflette Bartolo. E non è uno slogan. Qui non senti rivendicazioni, nessuno se la prende con gli immigrati. Va avanti così almeno fino alle 18, spesso oltre, fino alle 20. A via Europa (bella coincidenza) di Maropati, via della povertà, via della solidarietà. Domani Bartolo torna “papà Africa”, in giro per le campagne alla ricerca dei tuguri degli “invisibili”. Ci fa vedere alcune foto di famiglie africane con bimbi piccoli. Si commuove. «Stiamo cercando una casa per loro, non possono restare lì, in quelle condizioni ». E venerdì di nuovo qua. Già, prima i poveri. Senza distinzione. È il messaggio concreto che mandano Bartolo, papà di tutti, e i tanti volontari del Cenacolo. Al fianco di tutti i poveri, immigrati e italiani. Tutti davvero. «Non sono io a fare, ma Dio tramite me, tramite noi». E mentre le istituzioni locali discutono, distinguono, mettendo spesso strumentalmente poveri contro poveri, loro fanno, concretamente.

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