Avvenire di Calabria

Il buon samaritano assente

Paolo Bustaffa

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“Non ha trovato un buon samaritano”: le parole di Lucia, mamma di Emanuele Morganti massacrato ad Alatri la notte tra il 24 e il 25 marzo, vanno dritte al cuore. Quel ragazzo ucciso dalla “cattiveria degli uomini” non ha trovato nessuno che riuscisse a sottrarlo dalla furia omicida. Qualcuno ha provato a difenderlo ma, purtroppo, invano. Le parole della mamma rimangono scolpite nella coscienza. Diventano una domanda che da una tragedia si trasmette ad altre e diventa, o dovrebbe diventare, la ragione di un’inquietudine interiore e di una riflessione sulla qualità delle relazioni tra gli uomini di questo tempo. Si aprono percorsi che, attraversato il campo delle emozioni, solo se continuano nei campi del pensiero e dell’impegno possono non certo ridurre il dolore di una mamma e di una famiglia ma screpolare quella crosta di indifferenza che coincide con l’assenza di “un buon samaritano”. La domanda è, allora, se la cultura, con la sua irrinunciabile missione educativa, ha ancora capacità di reagire al male, di costruire bene, di battere l’indifferenza. A volte sembra che non ci sia risposta di fronte a brucianti sconfitte come quelle dei morti annegati nel Mediterraneo, dei figli uccisi dai genitori, dei ragazzi feriti da coetanei bulli, di donne massacrate per il loro coraggio nel difendere la propria dignità. Le parole di mamma Lucia non consentono di sfuggire alle responsabilità perché se, da un lato, denunciano assenze inquietanti, dall’altro, invocano presenze efficaci nella lotta contro la violenza e nell’opera educativa per svuotare di senso il male. Il buon samaritano non è il personaggio buonista di un libro di carta o elettronico, il buon samaritano è l’uomo che è nel libro della vita e agisce nella storia mosso da una coscienza in cui brilla la scintilla del bene, del vero, del giusto. Quest’uomo esiste. La cronaca, anche se non come potrebbe e come dovrebbe, racconta di molti buoni samaritani che lottano contro i mali sottili e brutali dell’offesa, del rifiuto, dell’indifferenza. E una delle indifferenze riguarda il rapporto tra l’opinione pubblica e i media spesso trasformato in terreno sterile di reciproche accuse. Dall’una e dall’altra parte occorre ripristinare, soprattutto davanti a tristi fatti di cronaca, un percorso di responsabilità morale ed etica perché non sarà una sorta di amore-odio tra media e opinione pubblica a dare una risposta a mamma Lucia. Solo con un sussulto di entrambe le responsabilità si potrà dirle che suo figlio Emanuele non è morto invano perché è entrato nella coscienza di molti, è diventato il figlio di un popolo che crede e lotta per la verità, la bontà e la bellezza. Un popolo che vede il proprio futuro in questi valori che sono a fondamento della giustizia.

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