Avvenire di Calabria

Il grande socio occulto: la ‘ndrangheta

Il responsabile regionale di Libera, don Ennio Stamile, commenta i dati relativi all'infiltrazione mafiosa nell'economia reale

Ennio Stamile

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Nel commentare la relazione semestrale della DIA, “Il Sole24Ore” il 19 luglio scorso, titolava così: “La mafia è ovunque”. Nel reportage venivano riscostruiti i principali settori d’affari della mafia calabrese – giochi e scommesse on line, energie rinnovabili, agricoltura, ristorazione, attività turistiche e alberghiere, supermercati, sanità e appalti pubblici, edilizia, commercio di opere d’arte e reperti archeologici, raccolta e smaltimento rifiuti, proprio l’ultima frontiera del business illegale su cui si muove, con successo, la Procura della Repubblica di Milano) e mostra come il Nord sia in testa alle classifiche delle operazioni sospette (il 46,8%, quasi una su due –, con particolare peso della Lombardia, regione di finanziarie e banche.
Ovviamente la sua spiccata vocazione imprenditoriale è favorita dalle ingenti risorse economiche di cui dispone provenienti, soprattutto dal narcotraffico internazionale «gestito in posizione egemonica».
Sempre la relazione Dia ricorda come «le cosche calabresi sono alla ricerca continua di un indebito accesso ai circuiti finanziari legali, utili al riciclaggio dei capitali illeciti, insinuandosi prima nelle dinamiche relazionali degli enti locali e degli imprenditori, per riuscire così a condizionarne le scelte. Le aree più floride del Paese e diversi Stati esteri (Germania, Canada, Australia ne sono solo un esempio) hanno rappresentato, e costituiscono ancora oggi, un motivo per avviare un processo di proiezione della struttura criminale, replicandone l’organizzazione, spesso facendo leva sulle capienti disponibilità economiche e sulla spiccata vocazione imprenditoriale dei propri clan».
Tutto ciò aiuta a comprendere come interi settori dell’economia mondiale, siano fortemente inquinati da ingenti somme di denaro provenienti da traffico illecito. Come non dare ragione al Sole24Ore, quando afferma nel medesimo articolo che «nella società oggi ci sia voglia di mafia, di natura utilitaristica». All’utilitarismo esasperato dell’economia globale interessa il denaro non da dove proviene.
Da sempre, infondo, vale il famoso adagio pecunia non olet! Marella Caramazza, nel suo volume “Il socio occulto”, ci rivela come pur non apparendo ufficialmente detto “socio” governa in realtà l’impresa, ne condiziona scelte, legami, successi. La Camarazza, manager esperta di marketing e formazione e profonda indagatrice dell’“anima nera” dell’economia del Nord, ricostruisce i legami tra corruzione nella pubblica amministrazione e crescita del peso economico di ‘ndrangheta, camorra, Cosa Nostra siciliana. Lo studio ci fa comprendere come un po’ tutti, volenti o nolenti, abbiamo socio mafioso, “Il socio occulto”, appunto.
Addirittura, anche quando mangiamo abbiamo un “ospite occulto” davvero indesiderato accanto che magari ci ringrazia per aver acquistato quel determinato cibo o bevanda nei quali le mafie hanno investito e riciclato. Siamo messi male, lo so! Ma qualcosa possiamo fare. Intanto diventare tutti consumatori critici. A Reggio Calabria, da circa dieci anni Libera ha ideato la campagna la Libertà non ha Pizzo, che prevede anche l’adesione dei cittadini con l’impegno a diventare, appunto, consumatori critici. Possono fare molto quei semplici cittadini che dicono no al gioco d’azzardo anche quello on line a portata di “click”. Possono e debbono fare altrettanto anche coloro che hanno un’attività commerciale o imprenditoriale dicendo un NO secco e deciso al racket ed all’usura, anche alla disponibilità ad ospitare le slot nel proprio negozio, Bar, Tabacchi o altro. Anche le Comunità parrocchiali non sono esenti da questo quotidiano e convinto impegno, monitorando i proventi delle feste patronali, le offerte a volte anche cospicue per restaurare chiese, oratori, statue. Occorre sempre ricordarsi dell’esempio di S. Francesco e di come dinanzi al re di Napoli spezzando la moneta d’oro dalla quale grondò sangue, ricordava al sovrano che quello era il sangue dei suoi sudd

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