di Gaetano Tramontana (foto di Marco Costantino) - La prima immagine che mi viene in mente è quella di un lungo nastro colorato che si dipana in mezzo a spettacoli, laboratori, prove, eventi, festival… improvvisamente tagliato da una grande forbice spuntata quasi dal nulla che divide tutto – tempo, progetti, idee, rincorse, calendari – e marca le nostre vite in un prima e un dopo con i quali faremo i conti per chissà quanto, forse per sempre. La seconda immagine è un fumetto: un piccolo supereroe che afferra al volo i capi recisi del nastro colorato impedendo loro di scappare via e disperdersi; e resta lì, con le braccia tese per lo sforzo, a rappresentare con ostinazione la continuità fra il prima e il dopo. Così siamo stati in questi mesi.
Noi di SpazioTeatro esattamente a partire dal 7 marzo, dall’annullamento dell’ultimo spettacolo in programma alla Casa dei racconti, seguito a cascata dallo stop dei laboratori in corso, dalle matinée in programma per le scuole e varie altre cose. Dal sabato successivo abbiamo iniziato gli appuntamenti sul web con “Racconti per un tempo strano”, provando a non perderci, ad esorcizzare l’immagine delle grandi forbici che avevano dissestato i nostri giorni. Il web ci ha consentito di non rinunciare all’appuntamento del martedì con gli allievi più piccoli, che si è trasformato in un laboratorio creativo di storie individuali, mancandoci però la dimensione collettiva vera che nessuna piattaforma di videoconferenze può restituire. Intanto, sfidando le restrizioni, periodicamente tornavamo alla Sala SpazioTeatro, ci chiudevamo dentro per prenderci cura dello spazio, da subito progettando piccoli cambiamenti per il “dopo”, accudivamo la cucciolata di gattini scoperta nel cortile della sala e spesso stavamo lì, come a far visita a un malato in attesa che si riprenda.
Il tempo è trascorso sbrigando amministrazione lasciata in arretrato, inventando modi per mantenere i contatti con gli spettatori e i colleghi, provando ad usare i social in maniera non pedissequa, immaginando nuovi percorsi, eventi, spettacoli, dedicandosi di più alla casa e alla famiglia. E così siamo risaliti, di pari passo ad una primavera che tardava a fiorire, a sprazzi come i giorni di sole inizialmente avari ma poi sempre più frequenti. E la terza immagine non può che essere un nodo: non una massa aggrovigliata, ma un bel nodo piano che si usa per unire due corde dello stesso spessore, creando continuità anche con una certa concessione all’estetica. Perché il nastro colorato dovrà essere riparato e deve essere bello, sebbene quel nodo resterà lì a ricordarci il taglio e tutto quello che ha portato.
Ma questo nodo ancora non c’è: oggi stiamo con cautela iniziando a intrecciare il nastro. Il teatro contemporaneo indipendente, rappresentato da centinaia di realtà simili a SpazioTeatro, professionisti sparsi in tutta Italia, sa di perseguire un lavoro di nicchia, lontano dai grandi numeri e appunto per questo con una grande attenzione ai particolari e alla qualità, ma le norme relative al distanziamento sono qualcosa che ci destabilizzano e ci colpiscono proprio nella nostra particolarità: piccoli spazi e una comunità di spettatori che si ritrova per un’esperienza collettiva. Il nodo necessario è fatto di nuove forme che non snaturino l’arte teatrale; un rinnovato dialogo con le giovani generazioni, contaminandosi anche con i loro linguaggi, se necessario, e rielaborandoli artisticamente come il teatro ha già fatto in passato; perché è insieme ai giovani che noi artisti dovremo ricostruire un’arte che tenga conto dei nuovi bisogni dell’individuo nella comunità.
La nostra esperienza con il Ragazzi MedFest ci ha dimostrato quanto sia importante concepire il fatto teatrale scuotendosi di dosso cliché e stratificazioni accumulatisi negli anni per riuscire a parlare a spettatori di tutte le età, perché anche ai meno giovani, una volta che avranno superato le naturali remore a riprendere le “rischiose” frequentazioni di cinema e teatro, dovremo essere capaci di raccontare un mondo nuovo, a volte incattivito ed egoista come quello di prima, ma più di prima ingenuo e insicuro nel muovere i primi passi e scavalcare nuovi ostacoli. Un mondo che si è scoperto fragile e che ha bisogno di nuove storie per ricostruire la propria identità.