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Ieri la presa di possesso canonico del nuovo vescovo di Cosenza – Bisignano, monsignor Giovanni Checchinato. «Siamo chiamati ad essere sale e luce», le sue prime parole da presule dell’arcidiocesi Bruzia.
«Non siamo Chiesa per autocompiacerci, per crescere secondo le nostre logiche, per assumere potere e dire l’ultima parola rispetto alla storia e ai suoi avvenimenti. Siamo chiamati ad essere sale e luce». Sono le prime parole pronunciate, ieri pomeriggio, da monsignor Giovanni Checchinato, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, nell’omelia della concelebrazione eucaristica con la quale ha preso possesso della Cattedra bruzia, dando inizio al ministero episcopale.
Monsignor Checchinato, commentando la liturgia della Parola nei primi vespri della V domenica del tempo ordinario, ha voluto fornire «tre traiettorie di un progetto che ha come obiettivo la ricerca e la crescita del Regno di Dio» per «il servizio alla Chiesa di Dio che è in Cosenza – Bisignano».
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«Essere per gli altri, essere sale ed essere luce». Monsignor Checchinato anzitutto ha ricordato che «il nostro essere Chiesa si realizza pienamente solo nella misura in cui si lascia accogliere come seme dal mistero di una storia che diventa grembo fecondo capace di generare vita nuova».
La seconda traiettoria offerta «è il Vangelo». «Essenziale nella nostra esperienza ecclesiale è la consapevolezza di non sapere altro che Gesù Cristo e questi crocifisso! È il paradosso del Vangelo che a distanza di duemila anni di storia continua a sorprenderci e stimolarci verso orizzonti sempre nuovi, sempre più affascinanti e coinvolgenti».
Per poter «gustare questo paradosso – ha detto il presule – abbiamo bisogno di perdere qualche certezza granitica che corrisponde solo alle nostre convinzioni umane, alle tradizioni cristallizzate nel tempo che hanno perso il loro significato, alle gabbie con cui pretenderemmo di ingabbiare in una unica dimensione la poliedricità della Parola di Dio».
La terza traiettoria – ha concluso il presule – è «imparare ad essere donne uomini che vivono la libertà e lottano contro l’oppressione di ogni tipo, superare la tentazione di giudicare gli altri per condannarli, apprendere lo stile del Vangelo nella comunicazione ‘sì, sì, no, no’, aprire il proprio cuore all’affamato, saziare l’afflitto di cuore».
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Per l’arcivescovo «questo è un programma di vita davvero capace di trasformare il nostro cuore e la nostra storia. Un programma di vita che ci chiede uno sbilanciamento nei confronti degli altri fatto di attenzione, di accoglienza, di integrazione, di testimonianza. Un programma di vita che possiamo fare nostro e di cui possiamo essere testimoni credibili, superando la tentazione di attese o pretese nei confronti degli altri».
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