Dalla Calabria all’Africa: «L’impresa come missione»
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di Antonio Modafferi - Tra il 5 e il 7 ottobre 1984 la Calabria viveva una delle pagine più belle della sua storia: la visita di San Giovanni Paolo II. Ricordare quei giorni nel Centenario della nascita del papa polacco significa rinverdire attimi ancora vivi nei cuori di chi c'era. Si sa che Karol Wojtyla è stato il Papa che ha viaggiato di più, raggiungendo ogni angolo del mondo per portare la speranza. Sono due i momenti da evidenziare, lampi di futuro: il primo è l'incontro con i giovani cosentini che si erano radunati sul piazzale del Santuario per una serenata al Papa. Un anticipo dei grandi raduni che da lì a qualche anno si sarebbero svolti con regolarità con i Papa Boys, neologismo coniato per descrivere i milioni di giovani che animavano le GmG.
Il secondo momento è una data, una circostanza che racconta meglio di ogni altra il segno profondo che San Francesco ha lasciato a San Giovanni Paolo II: 2 aprile 2005. San Francesco e Giovanni Paolo II che muoiono nello stesso giorno, un vero e proprio segno del destino. L'eredità di quella visita si ritrova nelle parole pronunciate dal Pontefice dopo la recita del Santo Rosario la sera del 7 ottobre: «Venendo in Calabria, ho pensato che forse il luogo più importante fosse Reggio Calabria, forse Catanzaro, forse Cosenza, ma vedo che il luogo più importante è quello dove è san Francesco di Paola. Non ho saputo questo prima, ma venendo qui lo vedo e lo vedo anche in questa circostanza, che il Papa, per la seconda volta, deve venire qui, in questo santuario. Ieri era la prima volta, e oggi sono dovuto tornare da Cosenza per recitare il Rosario che, tramite la Radio vaticana, il Papa recita nel primo sabato del mese e viene diffuso in tutto il mondo. Così, vedo che il punto più importante è quello dove si trova san Francesco di Paola. Voi siete, dopo tanti secoli, i concittadini di questo santo, di questo grande santo, grande perché si è chiamato minimo. Se voi siete i concittadini di questo santo, dovete imitarlo. Egli era molto umile, molto buono, era pieno di carità. Vi auguro di essere i concittadini di san Francesco in questo senso. Soprattutto carità, umiltà, bontà: tutto questo è direi la consanguineità spirituale con san Francesco».
Sono parole tanto belle quanto attuali, monito per tutti noi calabresi che abbiamo il dovere di seguire l'esempio di questi grandi testimoni della Fede.
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