
Riformare la scuola nell’era liquida, passo necessario
Serve riscoprire la libertà nell’apprendimento attraverso un nuovo approccio empatico e attivo
Il 27 maggio 1923 nasceva don Lorenzo Milano: dono inestimabile per la Chiesa e per educatori e insegnanti che si lasciano ispirare dalla sua figura. Il professore Domenico Marino dell'Università Mediterranea ne ha tracciato un profilo per la nostra rubrica "Appunti di Dottrina sociale".
Don Lorenzo Milani nacque cento anni fa, il 27 maggio 1923 a Firenze, ed è stata una figura di spicco nell’Italia del dopoguerra per le sue lotte contro la diseguaglianze e l’oppressione, temi che, ancora oggi, interrogano la nostra coscienza.
Nel 1954, venne nominato parroco di Barbiana, una piccola comunità rurale vicino a Firenze, dove fondò la "Scuola di Barbiana". La scuola era aperta a tutti, compresi i bambini di famiglie povere o svantaggiate, e si concentrava sulla formazione di base, ma anche sulla critica sociale e politica.
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Don Lorenzo Milani ha sostenuto l'importanza di un'educazione inclusiva e ha cercato di rompere le barriere sociali ed economiche che spesso limitano l'accesso all'istruzione. La sua metodologia educativa si basava sull'empatia, sulla partecipazione attiva degli studenti e sulla promozione della responsabilità civica.
Uno dei suoi scritti più famosi è stato il libro intitolato "Lettera a una professoressa" (1967), in cui Milani ha affrontato le ingiustizie e le disuguaglianze del sistema educativo italiano. Il libro è stato un importante contributo al dibattito sull'educazione e ha stimolato riflessioni sul ruolo dell'insegnante e sul potenziale trasformativo dell'istruzione.
«A ottobre in seconda la maestra trova ancora 32 ragazzi.10 Vede 26 visi noti e le pare d’essere di nuovo tra i suoi ragazzi cui vuol bene. Poi vede 6 ragazzi nuovi. Cinque sono ripetenti. Uno di loro ha già ripetuto due classi, ha quasi 9 anni. Il sesto ragazzo nuovo è Pierino del dottore. I cromosomi del dottore sono potenti. Pierino sapeva già scrivere a 5 anni. Non ha avuto bisogno di far la prima. Entra a seconda a 6 anni. Parla come un libro stampato. Già segnato anche lui, ma questa volta col marchio della razza pregiata. Dei sei ragazzi bocciati, quattro stanno ripetendo la prima. Per la scuola non sono persi, ma per la classe sì. Forse la maestra non se ne dà pensiero perché li sa al sicuro nella classe accanto. Forse se li è già dimenticati. Per lei, che ne ha 32, un ragazzo è una frazione. Per il ragazzo la maestra è molto di più. Ne ha avuta una sola e l’ha cacciato. Gli altri due non son tornati a scuola. Sono a lavorare nei campi. In tutto quello che mangiamo c’è dentro un po’ della loro fatica analfabeta».
In queste parole sta il senso della sua lotta alle diseguaglianze che ha continuato a perseguire la sua missione con determinazione e coraggio.
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Il libro "L'obbedienza non è più una virtù" è una raccolta di scritti di Don Milani, pubblicata postuma nel 1969. In questa opera, Don Milani esprime le sue riflessioni critiche sull'obbedienza cieca e acritica, mettendo in discussione il concetto stesso di obbedienza come virtù assoluta.
“Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto. A Norimberga e a Gerusalemme son stati condannati uomini che avevano obbedito. L’umanità intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c’è una legge che gli uomini non hanno forse ancora ben scritta nei loro codici, ma che è scritta nel loro cuore. Una gran parte dell’umanità la chiama legge di Dio, l’altra parte la chiama legge della Coscienza. Quelli che non credono né all’una né all’altra non sono che un’infima minoranza malata. Sono i cultori dell’obbedienza cieca.”
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Don Milani si concentra sul tema dell'autonomia e della responsabilità individuale, sostenendo che l'obbedienza deve essere basata su un discernimento morale e non su una mera obbedienza autoritaria. Critica la società e le istituzioni che impongono l'obbedienza come unico valore, senza considerare la coscienza e il benessere delle persone. Attraverso la sua opera, Don Milani invita a una riflessione profonda sul significato dell'obbedienza e sul suo ruolo nella società contemporanea. Sottolinea l'importanza di un'obbedienza consapevole, fondata su principi etici e sulla capacità di discernimento, anziché sull'accettazione acritica delle norme imposte dall'autorità.
Don Lorenzo Milani morì il 26 giugno 1967, all'età di 44 anni, ma il suo impatto nel campo dell'istruzione e dell'attivismo sociale è durato nel tempo. Il suo lavoro e il suo insegnamento hanno ispirato numerosi educatori e attivisti e la sua eredità continua ad essere un faro di speranza per coloro che cercano un mondo più giusto e inclusivo.
Serve riscoprire la libertà nell’apprendimento attraverso un nuovo approccio empatico e attivo
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La calabrese dirigente scolastica riflette sull’educazione, sul ruolo delle famiglie e sui nuovi agenti sociali