Avvenire di Calabria

La riflessione in occasione della Giornata mondiale dell'educazione

Riformare la scuola nell’era liquida, passo necessario

Serve riscoprire la libertà nell’apprendimento attraverso un nuovo approccio empatico e attivo

di Chiara Ortuso *

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Iperproduttivismo, tecnicismo ed ultracognitivismo sono solo alcune delle più evidenti criticità di un’era, la nostra, caratterizzata dalla “liquefazione” del reale, rubando tale celebre definizione al sociologo Zygmunt Bauman, la quale sembra mancare sempre più di una specifica direzione in grado di segnare il sentiero ad esseri dispersi in esperienze poliedriche e prive di accezione, precipitandoli in un individualismo, definito da più parti “neoutilitarismo morale”, che si traduce nell’assenza di relazioni “veramente umane”, all’interno di una visione del mondo marcata da un selvaggio consumismo neoliberista.



Alla luce di quanto appena affermato ed in occasione della celebrazione della settima “Giornata mondiale dell’educazione”, si rende assolutamente necessaria una riflessione circa il dovere di una riforma pedagogica che sia in grado di investire, precipuamente, il ruolo che la scuola, quale luogo di formazione e di insegnamento dell’umano, ricopre. Un rinnovamento dell’insegnamento, di ciò che significa “docere”, che possa condurre alla trasformazione della riflessione individuale e, specularmente, una rivoluzione del pensiero capace, a sua volta, di guidare quella educativa.


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Quest’ultimo termine appare, infatti, ad uno sguardo più attento, in qualità di parola forte capace di tradursi nella messa in atto di mezzi finalizzati ad assicurare lo sviluppo di giovani intelletti nella generale promozione dell’autonomia spirituale, facilitando una ricerca che si presuppone mai conclusa nell’ambito di un sapere che ha l’esigenza di costruire se stesso, mattone dopo mattone, in un cammino continuo e permanente.

Una sfida impegnativa che impone al docente dell’era liquida la messa in discussione di una modalità puramente trasmissiva e nozionistica dell’istruzione, partendo da una profonda comprensione di quella crisi foriera di significato che investe il mondo adolescenziale, quello che, citando il filosofo seicentesco Benedetto Spinoza, è segnato dalle “passioni tristi”, dal depotenziamento e dalla paura del futuro, tentando di restituire alle dimensioni ultime vissute dai ragazzi contemporanei, quali fragilità e cura, tutto il loro valore, tutta la loro valenza. Educare alla libertà per mezzo della riscoperta della famigerata “ora di lezione”, Massimo Recalcati docet, costituisce, allora, il fulcro di una indagine, la quale mira a riscoprire il ruolo che l’amore per il sapere, la filosofia, può assumere nella costruzione di una speculazione problematica-argomentativa che miri non tanto all’edificazione di “teste ben piene, citando il filosofo della complessità Edgar Morin, il quale a propria volta riprende un’espressione di Thomas Hobbes, ma di “teste ben fatte”, sostanziandosi in una progettazione scolastica che, spaziando nel poliedrico mondo delle didattiche attive, giunga alla realizzazione di orizzonti di senso, allontanandosi da quello sterile riduzionismo e particolarismo in cui l’universo burocratico, quasi aziendale, dell’istituzione scolastica, sembra ormai precipitare.

Un’educazione permanente, lifelong learning, abile a seguire lo studente nella sua fondamentale esigenza di libertà, e, finanche nella possibilità di un errore, la cosiddetta arte dell’inciampo intesa come condizione per l’indagine stessa e per l’apertura di quella domanda che avvii la ricerca, pare configurarsi, in definitiva, quale scopo principale di una differente scuola edificata su di un programma educativo il quale tenga in giusta considerazione le potenzialità e, nondimeno, le doti uniche di ciascuno studente, nella riscoperta di una metodologia volta ad evidenziare, attraverso un approccio più empirico, di matrice montessoriana, la spontaneità del discente, nonché la sua centralità come costruttore di praxis e democrazia.

Un’azione ispirata dalla figura di un docente, si diceva in apertura, che funga da riformatore di sapere: un insegnante capace di veicolare la sua passione verso la conoscenza attraverso uno sguardo, un riferimento, un gesto, il tono di voce. La missione formativa a cui si fa riferimento suppone, evidentemente, una doverosa fede nella potenza della cultura e, specularmente, nella possibilità della mente, al fine di fornire un’istruzione che permetta di distinguere, contestualizzare, affrontare e combattere le problematiche multidimensionali dell’umano, preparando gli intelletti a rispondere alle sfide che la crescente società complessa pone alla “gnoseologia” per contrastare le incessanti incertezze della postmodernità, promuovendo un’intelligenza strategica atta a “scommettere” in direzione di un mondo più giusto; un universo rivolto alla costante interrogazione e chiarificazione del pensiero.

* Autrice e docente di filosofia e storia presso L’Istituto d’Istruzione secondaria “N. Pizi” di Palmi

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