Secondo un'indagine dell'Unicef i servizi di prevenzione e risposta alla violenza sono stati seriamente interrotti durante la pandemia da Covid-19, lasciando i bambini a maggior rischio di violenza, sfruttamento e abusi. 104 Paesi su 136 hanno segnalato un'interruzione dei servizi legati alle violenze contro i bambini. I due terzi dei Paesi hanno riferito che almeno un servizio è stato gravemente colpito, tra cui Sudafrica, Malesia, Nigeria e Pakistan. «L'Asia meridionale, l'Europa orientale e l'Asia centrale hanno la più alta percentuale di Paesi che hanno segnalato interruzioni nella disponibilità dei servizi», ha dichiarato Francesco Samengo, presidente dell’Unicef Italia. Anche prima della pandemia, l'esposizione dei bambini alla violenza era diffusa, con circa la metà dei bambini del mondo che subiscono punizioni corporali in casa; quasi 3 bambini su 4 di età compresa tra i 2 e i 4 anni sono regolarmente sottoposti a forme di disciplina violenta; e 1 ragazza adolescente su 3 di età compresa tra i 15 e i 19 anni è stata perseguitata dal proprio partner ad un certo punto della sua vita. L'Italia non è immune dal problema: secondo un recente rapporto Istat, il 69% delle donne vittime di violenza che si rivolgono al numero verde 1522 - messo a disposizione dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio - dichiara di aver figli, di cui il 59% minori. Nel 62% dei casi le vittime affermano che i figli hanno assistito alla violenza e, nel 18% dei casi, dichiarano che essi la hanno anche subita. La percentuale di vittime che dichiarano episodi di violenza assistita passa dal 57,5% (sul totale delle vittime con figli) al 67,4 %. Il numero delle vittime che afferma che la violenza subita ha riguardato anche i figli passa da 836 a 1.084. Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide al 1522, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Le vittime che hanno chiesto aiuto sono 2.013 (+59%). Il presidente di Unicef Italia Samengo chiede di «potenziare la capacità di presa in carico integrata da parte dei servizi sociosanitari e legali in questo momento così delicato» e che a scadenza dell’attuale Piano nazionale contro la violenza (2017-2020) il Paese «non rimanga sprovvisto di questo importante strumento di pianificazione».