Avvenire di Calabria

Ri-essere una comunità: il monito dei vescovi di Calabria

La Chiesa sia presenza «senza tentennamenti»

Raffaele Iaria

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Locri sarà al centro, oggi, della Giornata della Memoria e dell’Impegno. Un corteo ha visto riuniti i familiari delle vittime innocenti di tutte le mafie. Un momento anticipato da una veglia di preghiera presieduta dall’arcivescovo Vincenzo Bertolone, presidente della Conferenza episcopale Calabra.
«Non poteva esserci luogo più indicato che la Locride per questa giornata. Questa è una terra che ha sofferto e soffre. Questa terra è ancora bagnata di sangue e la Chiesa non può che stare vicino a chi soffre, ai familiari delle vittime innocenti», ha detto il vescovo Francesco Oliva. La Chiesa è sempre stata vicina a chi lotta contro ogni male. E quella calabrese ha ribadito, in tutti i modi e in tutte le salse, che la ‘ndrangheta è il grande male della Calabria: quelli che vi aderiscono non hanno nulla a che vedere con il Vangelo e quindi con la Chiesa che li invita alla conversione. Sono anni che questi concetti “vivono” nella realtà ecclesiale della nostra regione. Poco più di 100 anni fa, Quaresima del 1916, i presuli calabresi scrivevano la “Lettera Pastorale collettiva” nella quale invitavano i sacerdoti a «levare la voce contro certi abusi e profanazione nell’esercizio del culto esterno». Un documento che «non è un vero e proprio ‘grido’ diretto contro la mafiosità ma è il primo passo nella via della riforma della religiosità popolare», si legge in un recente volume della Conferenza Episcopale Calabra “La ‘ndrangheta è l’antivangelo”, pubblicato da Tau editrice e che raccoglie i documenti dei vescovi calabri dal 1916 ad oggi sul percorso comune nell’impegno di testimoniare il Vangelo.
«L’annuncio di pentimento e di conversione è il vero e autentico antidoto ad ogni mafia, ad ogni camorra, ad ogni Cosa nostra, ad ogni ’ndrangheta» scrive nella prefazione il presidente della Conferenza Episcopale Calabra, Vincenzo Bertolone. Là dove la “piovra” della criminalità organizzata «attecchisce e miete ancora vittime, la Chiesa – aggiunge il presule – non si limita a far eco, ma dichiara di possedere l’antidoto al veleno mafioso, convinta che contro ogni mafia non basti denunciare, prevenire, punire, ma occorra annunciare da capo il Vangelo della misericordia, della pace e della conversione, in uno sforzo corale di nuova evangelizzazione». I testi pubblicati dalla CEC nell’ultimo secolo – fino a “Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare” del 2015 – evidenziano come la Chiesa proclama che per sconfiggere il male, anche quello mafioso – «ciascuno deve fare il proprio dovere fino in fondo.
Tuttavia, alla Chiesa si deve chiedere di essere Chiesa, nello spirito e nell’insegnamento del Vangelo, e non altro, senza più incertezze né tentennamenti». Si tratta di “riprendersi la società” e molti atti dei vescovi della regione vanno in questa direzione. «Dio vi offre l’occasione di mollare la presa che avete sulla nostra vita sociale, economica e politica», ha detto l’arcivescovo di Reggio Calabria– Bova, Giuseppe Fiorini Morosini rivolgendosi ai mafiosi: «dovete convertirvi per ridarci speranza!
Desistete da queste azioni criminali e lasciatevi perdonare dal Signore!». «Siate coraggiosi, siate – l’invito – uomini veri, veri uomini di fede e di onore. Ritornate a Dio e alla legalità, chiedendo perdono a coloro a cui avete fatto del male e riparando a questo male, per quanto è possibile. Dio ha fatto il primo passo e vi aspetta a braccia aperte». In alcune diocesi si sta ripensando ai padrini e madrine nei sacramenti e in altre nuove norme nelle processioni come a Mileto–Nicotera–Tropea o nella diocesi di Oppido Mamertina– Palmi. Monsignor Luigi Renzo ha chiesto ai fedeli di avere coraggio, di non lasciarsi «espropriare di ciò che appartiene al loro patrimonio religioso più genuino, lasciandolo in mano a gente senza scrupolo» mentre monsignor Francesco Milito dalla Pasqua dello scorso anno ha deciso di ripristinare le processioni dopo due anni a seguito di un presunto inchino della statua della Madonna davanti all’abitazione di una persona condannato all’ergastolo. Il documento “Dalla Liberazione alla Comunione” è “ad experimentum per tre anni” fino alla Pasqua del 2019 per permettere il «radicamento e la maturazione di aspetti necessitanti una definitiva accoglienza e un efficace recupero».

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