
Papa Leone e la Chiesa in missione per una pace vera
La vocazione missionaria come cammino di speranza per il mondo
Un’ampia partecipazione di studenti, professori e liberi professionisti ha fatto da cornice al convegno che si è svolto venerdì pomeriggio presso il Dipartimento DiGiEs dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria a Palazzo Sarlo, dal titolo “Il diritto e la pace. Il valore sociale della mediazione”, organizzato dall’Università, da Ismed e dall’Associazione Nazionale Laboratorio Adr. Ospite d’eccezione Jamil Mahuad With, docente di negoziazione all’Università di Harvard nonché ex presidente dell’Ecuador. Dopo i saluti iniziali affidati al Magnifico Rettore, professore Santo Marcello Zimbone, e al direttore del Dipartimento, professore Massimiliano Ferrara, ha preso la parola l’Avvocato Alberto Panuccio. Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati, dopo aver sottolineato come oggi si sia passati da ”guerre tra Stati a guerre tra popoli”, ha parlato del dovere di provare a elevare gli animi e le “reciproche condizioni di vita”, superando la tentazione dell’egoismo. L’avvocato Marco Santangelo, in rappresentanza dell’Associazione Nazionale Laboratorio ADR, ha invece, evidenziato la necessità di “promuovere”, in spirito di collaborazione, i “principi e i valori della mediazione”. Dopo il breve intervento del rappresentante dell’associazione Libera che ha raccontato l’impegno diretto a creare una “rete di imprenditori per un circuito economico legale”, ha finalmente preso la parola il professore Jamil Mahuad With.
L’ex presidente dell’Ecuador si è lanciato in un lungo e appassionato excursus storico attraverso cui ha raccontato le origini e le fasi del conflitto tra il suo Paese e il vicino Perù, dovuto a un contrasto sui confini, in un contesto politico interno e socio-economico difficile. Alternando il resoconto dettagliato degli avvenimenti con valutazioni riguardanti l’oggetto del suo insegnamento, ha ricordato come in primo luogo “ci sia stato bisogno di una negoziazione interna” per poi concentrarsi a costruire “relazioni interpersonali per evitare il conflitto”. Proprio l’esperienza vissuta, gli ha permesso di elaborare una “teoria della negoziazione” rispetto alla quale “è necessario curare ogni singolo aspetto”. “La prima regola – secondo il professore – è separare il popolo dai problemi”, segue, quindi, l’assunzione di un atteggiamento di cordialità e confronto, ascolto e rispetto reciproco, diretto ad alimentare una continuità nella relazione anche attraverso il coinvolgimento di “paesi mediatori”.
Una buona negoziazione deve essere in grado di valutare tutte le opportunità, nonché le premesse e le ipotetiche conseguenze, curare l’elemento emotivo e approfondire il significato dei gesti simbolici, formulare proposte e affrontare il sorgere di nuove criticità per giungere a una soluzione che può consistere in “una terza verità” che sia in grado “di incorporare le verità di entrambi” i soggetti in conflitto. Al termine del suo racconto, il professore Jamil Mahuad With, con l’ausilio di diapositive, ha concluso illustrando come “lo strumento d’oro nella negoziazione” consista nell’usare “entrambi i cervelli”, ovvero la “negoziazione razionale e quella emozionale”. Se la prima è composta da elementi come la valutazione di interessi, opzioni, legittimità, alterative e impegno, la seconda considera una serie di preoccupazioni come l’apprezzamento, l’affinità, l’autonomia, lo status e il ruolo. “Ogni negoziazione – ha quindi concluso – ha sostanza e relazione”, per cui “occorre prima pianificare la propria navigazione” per arrivare al “risultato sperato”.
L’evento è stata concluso dalla Professoressa Enza Pellecchia, Ordinario di diritto civile presso l’Università di Pisa e Presidente del Centro Interdisciplinare della Pace, introdotta dal professore Attilio Gorassini, Ordinario di diritto civile presso l’Università di Reggio Calabria. La docente, parlando dell’esperienza nata a Pisa, ha individuato i vari temi affrontati ed esposto l’impegno formativo e “il progetto di creare una rete di università” diretta “a realizzare una società più pacifica” e “disseminare una cultura della trasformazione non violenta dei conflitti”.
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