Avvenire di Calabria

Padre Giuseppe Murdaca è il parroco di San Francesco d’Assisi a Reggio Calabria da tre anni

La pastorale dell’ascolto della parrocchia reggina intitolata a San Francesco d’Assisi

Il suo arrivo coincide, quasi, con l'inizio della pandemia: ecco come è stata affrontata in parrocchia

di Federico Minniti

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San Francesco, una pastorale basata sull’ascolto dei fedeli. Padre Giuseppe Murdaca è il parroco di San Francesco d’Assisi a Reggio Calabria da tre anni. Il suo mandato pastorale ha pressoché coinciso con l’inizio della pandemia, così nel raccontare la sua esperienza parte proprio dal parallelismo con quanto vissuto da Francesco.

San Francesco d'Assisi, una pastorale basata sull’ascolto dei fedeli

«Al suo tempo era la lebbra, oggi - coi doverosi distinguo viviamo l’epoca del coronavirus. Una condizione che allenta le relazioni. E sappiamo quanto l’uomo abbia bisogno di stare accanto all’altro. Noi proviamo a camminare sulle orme del Santo: l’uomo non è mai contro l’uomo. Ma deve accoglierlo facendosi ispirare da Dio nelle relazioni».

Padre Murdaca ci spiega come tutta la pastorale della parrocchia di San Francesco d’Assisi trovi sintesi nell’ascolto: «Parliamo di un ascolto trasversale, di tutte le povertà. Solo mettendosi in ascolto ci si può, poi mettersi al servizio».


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Certo l’ambito della Carità è trainante: «Questa parrocchia per sua stessa vocazione non esisterebbe senza il servizio costantemente verso gli ultimi, gli invisibili». Un cammino lungo, sostenuto negli anni dai tanti frati che si sono alternati alla guida della comunità, che hanno sempre rafforzato il carisma francescano della parrocchia.

«Francesco d’Assisi ci parla nella nostra quotidianità, non è mai fuori moda. La mensa è sostenuta dai benefattori della comunità che non fanno mai mancare la Provvidenza necessaria. Così come è portata avanti dall’animo operoso dei volontari».


PER APPROFONDIRE: La mensa di San Francesco “resiste” al Covid-19: «Una porta sempre aperta»


Insomma catechesi, liturgia e carità camminano di pari passo in quella che appare un’oasi di pace immersa nel caos cittadino. « Quanto è bella l’espressione usata da poveri: “Andiamo a san Francesco”. Il Poverello sarebbe orgoglioso di questo: la sua “casa”, il convento dove viviamo, è la casa dei poveri di Reggio Calabria » . Uno spazio dove la carità non rimane un ideale, ma si trasforma in mani che lavorano e in sguardi che si intrecciano. Proprio come fatto da Francesco col lebbroso e per tutta la sua straordinaria esistenza terrena.

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