Avvenire di Calabria

Vari progetti per ragazzi molto spesso bollati come diversi e difficili, nessuno si è sentito trascurato o disagiato

La scuola che include: «Telesio» e la sfida educativa

Sergio Conti

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La scuola che include sta a pochi metri dalle nostre case. Probabilmente è quella che vediamo affacciandoci dalla finestra del nostro balcone. Ma più ancora è il luogo fisico (e anche virtuale) dove siamo cresciuti e dove da bambini ci è stato trasmesso il sapere insieme a uno zaino pieno di valori e comportamenti civici. L’istituto Telesio a Reggio Calabria si trova esattamente in uno di questi quartieri ad alto rischio per i minori, dove il disagio sociale puoi toccarlo con mano e dove tuttavia lo Stato non ha alzato bandiera bianca, perché esiste un presidio – la scuola appunto – che punta tutte le fiches sul rilancio e sul futuro di questi territori. Partendo dall’inclusione e dalla formazione. Il Telesio ha iniziato con 124 alunni di scuola media ospitati all’Ente Scuola, oggi ne ha 400 nella scuola media e altrettanti tra primaria e materna. Una buona percentuale è rappresentata da alunni Rom e stranieri, ma, nel tempo, la popolazione scolastica si è arricchita di alunni provenienti da diversi ceti sociali e da tante zone della città. Questa contaminazione tra esperienze anche diametralmente opposte è stata il faro dell’intera progettazione e l’ingrediente vincente. Nella diversità, ciascun alunno ha sperimentato la ricchezza, l’apprendimento condiviso, ha conosciuto mondi nuovi, descrivendoli poi a casa come risorse e non come problemi. Ne ha beneficiato moltissimo anche la lotta alla dispersione scolastica che nel frattempo ha raccolto i primi risultati più che incoraggianti, tenuto in debito conto il tasso di dispersione scolastica alla primaria abbassatosi drasticamente nel tempo.

Gli alunni iscritti che non frequentano – quelli per capirsi che “vanno a prenderli a casa i Carabinieri” sono ormai ridotti a poche unità, mentre il 95% degli alunni Rom al Telesio arriva a conseguire il diploma di licenza media. Come accade tutto questo? Puntano su attività che valorizzino lo sviluppo delle competenze chiave e la ricerca del talento e delle attitudini di ciascun alunno. Tutti siamo stati più o bravi o meno bravi in qualche disciplina, ma se qualcuno ci aiuta a tirar fuori il meglio da noi stessi, forse (quasi certamente) i risultati arrivano. Ecco lo sport, i laboratori di inglese, di musica con gli strumenti a disposizione: l’arcinota povertà educativa combattuta a suon di progetti. Uno degli ultimi, dal titolo evocativo “Lost” (in inglese, perduto), realizzato con la Fondazione Albero della Vita ha coinvolto una quarantina di studenti con difficoltà relazionali e a rischio dispersione. Com’è andata a finire? Che durante i lavori di gruppo i più deboli si sono messi in gioco come spesso non riuscivano a fare nelle attività scolastiche, hanno superato le proprie incertezze, hanno innalzato la fiducia in se stessi e dunque la motivazione nel partecipare alle attività scolastiche in genere. I più forti, molti fra quei ragazzi considerati «difficili», hanno sperimentato un modo nuovo di esprimere la loro forza e il loro carattere, mettendoli al servizio del gruppo per la realizzazione di un’impresa comune. E al progetto hanno partecipato ragazzi che spesso la società etichetta come diversi: disabili, di colore, stranieri e rom. La vera meraviglia è vederli insieme, tutti, realizzare la vera integrazione, senza che alcuno si sia sentito escluso o messo da parte. Nemmeno uno che abbia detto «Io mi rifiuto di fare». Tutti protagonisti, tutti insieme.

La lotta alla povertà educativa conosce cosi numerosi alleati nella missione del-l’Istituto comprensivo Telesio: c’è la Polizia di Stato, il Tribunale per i minorenni con il suo presidente quasi uscente Di Bella. Ma anche associazioni come Actionaid e i servizi sociali, col compito di accompagnare i rapporti con le famiglie più recalcitranti. E per il prossimo futuro, la dirigente Marisa Maisano auspica «un crescente dialogo con le amministrazioni nazionali e locali e sempre maggiore attenzione per le scuole del Sud». Scuole che da anni giocano una partita – a volte anche facendo rete fra loro – decisiva per le sorti del Meridione. Quella della credibilità. Per dimostrare che le buone prassi che diverse scuole portano avanti possono, forse devono diventare sistema. Per il bene di tutti, per amore degli studenti.

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