Avvenire di Calabria

Pubblichiamo la testimonianza di una coppia, Andrea e Raffaella, che ci testimonia il proprio impegno nell’accompagnamento dei figli lungo il percorso sacramentale

La testimonianza. Genitori e credenti: «Fede non è eredità»

Cosa vuol dire accompagnare un ragazzo lungo il percorso spirituale specie in un’età delicata come l’adolescenza? «Mettersi davvero in gioco»

Redazione Web

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«Il matrimonio non è difficile; è umanamente impossibile. È per questo che Cristo lo ha rifondato come sacramento». Talvolta, leggere un intero libro significa rimanere colpiti da una sola frase. Perché? Perché in quella frase rivedi la tua vita. Il nostro matrimonio era partito sulla nostra buona volontà, sul sentimentalismo, su quello che umanamente – ed in perfetta buonafede – si definisce “amore”. Il Signore si è fatto carico di destrutturarlo e ricostruirlo come sacramento. E per fare questo ci ha fatto scoprire le nostre debolezze, le nostre umane fragilità. Ed in userò si è anche – e soprattutto – fatto carico di eliminare il giudizio reciproco. E’ un compito che il Signore ha assunto e che – nonostante la nostra riottosità e la nostra “dura cervice” – si è fatto cario diportare avanti negli anni, attraverso un percorso di educazione alla fede adulta che è la promessa fatta ad Abramo: solo il Signore passa fra le carcasse degli animali divise. Solo Lui può mantenere la Promessa, al di là ed oltre le infedeltà di Abramo.

In questo percorso di conversione, il Signore ci ha fatto dono della genitorialità e ci continua ad educare in tale servizio. Come genitori sentiamo soprattutto un dovere: trasmettere la fede ai figli. E questo lo si fa con i piccoli quotidiani gesti: la preghiera, i sacramenti, la vita della comunità. Non si può essere credibili se alle parole non seguono i fatti. Neppure si può esserlo cercando di apparire per quelli che non si è. Per noi è sempre stato importante mostrarci ai nostri figli per come siamo: dei peccatori, in continua conversione, che si affidano alla Misericordia di Cristo.

E la Misericordia di Cristo ci ha sempre amato con estrema magnanimità, aprendo le Sue porte non solo a noi genitori a anche ai nostri figli, proponendogli, del tutto “casualmente” (è solo un modo di dire, chiaramente) un percorso di fede che li ha richiamati alla Chiesa, li ha avvicinati al Signore, li ha rinsaldati nel loro personale percorso di conversione. I ragazzi hanno tutti frequentato – per loro libera scelta – il percorso del “post–cresima” che la nostra parrocchia offre ai giovani in età compresa fra i 13 ed i 18 anni (indipendentemente dall’avere o meno celebrato il sacramento della Confermazione); tutti hanno liberamente scelto di assumere il predetto sacramento; due di loro hanno scelto di intraprendere il cammino neocatecumenale.

Ma il Signore non si è fermato a questo che – “djenù” – ci sarebbe bastato: ci ha chiamati ad essere a nostra volta “padrino e madrina” nel post–cresima di un gruppo di ragazzi della Parrocchia da noi frequentata. Facendoci, in questo, un enorme dono. Concludiamo con le parole che il nostro arcivescovo ci ha ricordato esattamente un anno fa palando della trasmissione della fede: «La fede non è ereditaria … l’impegno dell’evangelizzazione non è soltanto dei sacerdoti e di poche persone che lavorano all’interno della parrocchia, ma è l’impegno di tutta la comunità. La trasmissione della fede è fondamentale, perché “la fede è una storia che si racconta”».

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