Avvenire di Calabria

Cicciù (Csi) spiega: «Giocare è una lingua semplice, ci consente di scardinare le porte della devianza»

Laboratori edu-sportivi nei cortili dello spaccio

Federico Minniti

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Esiste un agglomerato di cemento, a Reggio Calabria, che trincera sotto i suoi portici profonde ingiustizie sociale. Si tratta dei casermoni di Arghillà Nord, una delle più grandi piazze di spaccio dell’intero Mezzogiorno di Italia. Così ai bambini di quel luogo è negato il diritto all’infanzia: alcuni non vanno a scuola, molti non praticano sport, tanti sono già adescati dai delinquenti per micro– reati. È «la legge della strada», dicono. Molti di questi hanno già fatto uso di droghe, più o meno leggere, così come è capitato a qualcuno di ubriacarsi. No, non è un romanzo a tinte fosche: è la realtà che quel agglomerato di cemento rischia di offuscare. Il quartiere–ghetto di Arghillà Nord, però, ha deciso di celebrare la giornata mondiale dei diritti dell’infanzia. Lo ha fatto attraverso un gruppo di minori, tecnicamente dei neet (ossia dei giovani che non lavorano e studiano né cercano formazione professionale e occupazione), che partecipano a un progetto “Lavoro di Squadra” che parte dal paradigma «gioco quindi sono ». Così far parte della squadra del quartiere consente a tanti di loro di uscire dall’anonimato per condividere difficoltà e speranze. Animare il loro quartiere è stata una di queste. Così quei portici, spesso crocicchio evangelico intriso di un acquisto fuggitivo della «dose» piuttosto che dell’adescamento delle baby–squillo, si sono trasformati nel loro stadio. Insomma, i ragazzi si sono riconquistati un loro spazio: il cortile di casa loro, quindi, non è nella mani di quanti vogliono schiavizzare quel territorio imponendogli regole–non–scritte basate su violenza e sorprusi. A sostenere quei ragazzi ci sono realtà associative che da tempo hanno deciso di puntare i riflettori su Arghillà Nord: Csi, Libera, Action Aid sono le sigle che supportano l’azione coraggiosa della parrocchia.

«Lo sport è il linguaggio semplice per eccellenza – spiega Paolo Cicciù, presidente provinciale del Csi e promotore dell’iniziativa – per questo motivo è più facile scardinare alcune “resistenze”. Così organizzare l’attività sportiva è stata un’impresa facilitata dall’entusiasmo dei ragazzi che da ormai un anno vivono lo spogliatoio della loro squadra di quartiere ». Durante il pomeriggio di giochi e laboratori creativi c’è stato spazio anche per le Istituzioni del territorio che hanno voluto presenziare all’iniziativa. Un segno di vicinanza e di ascolto che va apprezzato, certamente, ma a cui occorre trovare – come la legge dello sport impone – continuità in termini di attenzione per una periferia, la cui anima colorata giganteggia rispetto al grigiore dell’agglomerato di cemento.

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