Partiamo da qualche considerazione, poi passiamo ai fatti deprimenti accaduti in Calabria, per mano del Commissario alla Sanità Scura, nominato dal Consiglio del Ministri destituendo, di fatto, il presidente della Regione. Facciamo subito un distinguo fra medicina e sanità. La prima è affidata ai medici ed in Calabria, sia nel pubblico che nel privato, dà risultati soddisfacenti, la seconda è affidata alla politica e, ahinoi, è deprimente e disorganizzata. Il risultato di questo connubio è che la gente emigra e che il Governo, esautora la politica eletta e nomina un commissario. Un rimedio peggiore del male. I fatti dimostrano che è meglio la peggior politica che il miglior commissario.
Quando, poi, quest’ultimo abusa del suo potere, eludendo addirittura le sentenze dei Tribunali, l’amaro piatto è servito. Ed è ciò che è successo in Calabria. In Italia la sanità, garantita dalla Costituzione, è affidata alle strutture pubbliche ed a quelle a gestione privata, ma pur sempre pubbliche.Queste ultime P rappresentano per lo Stato una risorsa perché, oltre ad allegerire il carico di lavoro degli Ospedali, anticipano enormi risorse per eseguire le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto ad offrire alla cittadinanza. Livelli essenziali di assistenza. Da qualche anno, con risultati nefasti, a queste strutture è stato assegnato un limite oltre il quale non sarebbe possibile eseguire gli esami richiesti dalla popolazione. Il condizionale è d’obbligo perché è davvero difficile rifiutare una visita, un esame a chi ne ha bisogno.
Ad aggravare questa iniqua regola inventata per arginare i costi, come se la salute fosse monetizzabile, arriva Scura che, con un fare sottoposto al vaglio della Procura della Repubblica, a fine anno, decurta in ragione del 50% mediamente i rimborsi dovuti alle strutture che, si badi bene, avevano già erogato i servizi. Naturale che gli studi, soprattutto quelli che occupano centinaia di professionisti, si sono trovati nella impossibilità di accettare e continuare una gestione, già di per sé molto difficile sotto il profilo economico. Le malefatte di Scura sono state vagliate dal Governo che lo ha licenziato con la motivazione più seria: non ha assicurato ai calabresi i livelli essenziali di assistenza previsti dalla Legge. Ora mi si chiede di esprimere il mio parere sul futuro. Manifesto una sola speranza. Il commissario appena nominato, Cotticelli, deve provare a rimettere la parola legalità al centro del suo operato. Deve garantire innanzitutto la qualità del servizio pubblico e privato.
Non dovrà limitarsi ad un semplice lavoro ragionieristico ma rendersi conto della valenza, struttura per struttura, anche con provvedimenti drastici, laddove le regole non vengano rispettate. Abbiamo a disposizione in Calabria una classe medica e sanitaria, in genere, di altissimo profilo. Tanto è vero che, quando si emigra verso i paesi del Nord Italia, si incontra sempre un medico meridionale. Non sarà certo l’aria diversa che li rende più bravi. Invertire la tendenza è un obbligo. Le armi? La ragionevolezza, la logica, la legalità, il confronto. Del resto chi sceglie dove farsi curare è il cittadino. Come impedirgli quel diritto di scelta che è garantito dalla Legge che taluno tenta di eludere inventando barriere di tipo economico che con la salute c’entrano nulla? Non solo, ma risulta essere un sillogismo al contrario il fatto che il sistema sanitario prescriva, attraverso il medico curante, una prestazione, per poi impedirgli di eseguirla se non incidendo sul bilancio familiare.
Chi paga le conseguenze di questi provvedimenti schizofrenici è il pensionato, il poco abbiente, il disoccupato. Chi ha la possibilità fugge verso lidi, a torto, ritenuti migliori. «Vado a Milano a farmi curare», ma da chi? «Non lo so». Milano città di cura per antonomasia? Rimanere qui è meglio, ma la sanità deve riconquistare la fiducia del popolo.
* direttore Istituto Clinico De Blasi