Avvenire di Calabria

L’orrore dei parenti, le storie di chi è sopravvissuto, una giornata di divertimento si è trasformata in una tragedia

Le vittime della piena del Raganello: dalla vacanza all’inferno

Domenico Marino

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Il paese intero trasformato in un’enorme camera ardente. I feretri erano allineati nella palestra comunale ma il dolore era palpabile in tutto il borgo. Non solo per le strazianti grida di dolore dei familiari, sconvolti di trovarsi di fronte a un cadavere per una giornata che doveva essere di gioia, divertimento e godimento della natura. I civitesi, poco meno di mille anime nel versante calabrese del Pollino che si affaccia sulla Piana di Sibari, erano quasi tutti in piazza lunedì sera. Chi per dare una mano come poteva, chi per accogliere i parenti delle vittime e dei dispersi, chi per portare un caffè e qualcos’altro di caldo a feriti e soccorritori, chi semplicemente perché non riusciva a stare dentro casa. Qui, anche per le origini albanesi del paese, il senso della comunità è molto forte. E i molti turisti e appassionati che ogni estate arrivano sin quassù li sentono un po’ come vicini di casa. Il dolore della gente è stato reale ed era evidente anche ieri pomeriggio – ventiquattro ore dopo il dramma – quando le uniche voci tra le strade erano quelle dei giornalisti e quasi tutti i mezzi in circolazione erano di soccorsi e forze dell’ordine. Pochi hanno voglia di parlare se non per raccontare che una piena così del Raganello non se la ricordano da decenni. Trenta, forse cinquant’anni. Emanuele Pisarra è una guida esperta e lunedì pomeriggio era su in montagna, lontano dal torrente. «La pioggia è stata straordinaria per intensità ed è arrivata prima del solito, sorprendendoli in un punto in cui era impossibile salvarsi perché le pareti sono lisce e non ci sono via di scampo». Anche lui lunedì ha guidato per ore il suo fuoristrada per aiutare e trasportare i feriti, accompagnare i soccorsi e spostare le attrezzature necessarie. Tra un viaggio e l’altro ha raccolto il racconto drammatico d’un giovane olandese che faceva parte d’una delle comitive travolte. Era l’ultimo della catena, quindi ha avuto il tempo di accorgersi della piena e la fortuna di riuscire ad aggrapparsi a uno spuntone di roccia. Uno solo. Una scena da film che gli ha salvato la vita, ma non dimenticherà mai le grida disperate dei compagni trascinati dall’acqua che gli passavano sopra la testa scivolando veloce verso la valle. E la morte. Lui se l’è cavata con un paio di costole rotte e ricordi che non cancellerà più dalla sua mente.

Erano amiche indivisibili Claudia Giampietro, 31enne di Conversano, nel Barese, e Myriam Mezzolla, 27enne di Torricella in provincia di Taranto. Entrambe ballerine, condividevano la passione per il burlesque. Erano in vacanza sul Pollino e lunedì avevano deciso di raccogliere il consiglio di tanti, scendendo nel canyon del Raganello. Avrebbe compiuto 43 anni domenica Maria Immacolata Marrazzo, l’avvocatessa di Torre del Greco uccisa dalla piena del torrente dove s’era calata assieme al marito Giovanni Sarnataro e ai due figli di 9 e 11 anni. Loro tre sono riusciti a salvarsi e ora sono ricoverati in condizioni non gravi negli ospedali del Cosentino. La famiglia era in Calabria per le vacanze assieme ai coniugi Antonio Santopaolo e Carmen Tammaro, di Quagliano, nel Napoletano, anche loro vittime della sciagura. Sono morti assieme, come vivevano da anni, lei insegnante e lui impiegato. Gianfranco Fumarola era nel Raganello coi figli di 11 e 12 anni che si sono salvati probabilmente proprio grazie all’aiuto fondamentale del papà che invece non ce l’ha fatta. Aveva 43 anni e risiedeva a Cisternino, nel Brindisino, ma era un agente di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Taranto. Un terzo figlio di 4 anni e la moglie avevano deciso di non partecipare all’escursione. Era una guida esperta il 32nne Antonio de Rasis, con molte escursioni alle spalle, scalate importanti e l’impegno quale volontario della Protezione civile, in campo anche nella tragedia di Rigopiano. Lunedì pare stesse accompagnando un gruppo di escursionisti anche se le indagini dovranno ancora chiarire bene il suo ruolo. Viveva a pochi chilometri dal Raganello, sull’altra sponda del braccio d’acqua, a Cerchiara di Calabria.

Un’altra vittima della piena è la ricercatrice universitaria originaria di Bergamo, Paola Romagnoli, di 55 anni: dal 1999 viveva a Tolosa, in Francia, dove lavorava al centro nazionale di ricerche scientifiche, ma ancora se la ricordano all’Istituto Besta di Milano, dove subito dopo la laurea è iniziata la sua passione per l’immunologia lavorando nel laboratorio del professor Renato Mantegazza. Era in vacanza in Calabria con il marito, l’olandese Joost van Meerwijk, che è riuscito a salvarsi. Valentina Venditti e Carlo Maurici, 34 e 35 anni, invece, abitavano nella periferia della Capitale, nel quartiere Casilino e avevano deciso di trascorre le loro vacanze in Italia a bordo di un camper: l’ultima meta è stata proprio la Calabria. Non erano appassionati di canyoning ma semplici turisti. Quando sono stati trovati, ormai privi di vita, indossavano i caschetti e le mute che gli organizzatori dell’escursione avevano dato loro.

Per entrambi ad assistere al triste rito del riconoscimento dei corpi è stata Daniela, sorella di Valentina: è andata all’ospedale di Carigliano Calabro, dove ha riconosciuto Carlo e all’ospedale San Marco Argentano, dove si trovava il corpo della sorella. Vite spezzate, un dolore infinito per parenti e amici, ma anche per chi è miracolosamente scampato. Acque maledette.

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