Avvenire di Calabria

L'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova ha scritto ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai fedeli dell'arcidiocesi

L’esortazione di Morosini: «Chiesa non è gerarchia, ma comunione»

Redazione Web

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L'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, ha scritto ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai fedeli dell'arcidiocesi i consueti consigli per l'anno pastorale. Le indicazioni del presule sono scaturite dalla conclusione dell'iter di confronto iniziato durante il Convegno pastorale dello scorso settembre e, approfondito, negli incontri con le varie zone della Chiesa reggina, con il consiglio delle aggregazioni laicali e con il consiglio pastorale diocesano.

Al centro della riflessione di monsignor Morosini ci sono tre macro-obiettivi: aiutare il vescovo nell’individuazione delle proposte pastorali da offrire alla diocesi perché la sua guida possa essere aderente ai bisogni territorio; far maturare il laicato nella sua consapevolezza di essere chiesa, e quindi corresponsabili della sua vita e lavorare assieme (vescovo, sacerdoti, diaconi, religiosi e laici) nel segno della sinodalità.

«In riferimento al tema di questo anno, - scrive Morosini - che ha avuto al centro di nuovo la comunione, possiamo sintetizzare così l’obiettivo da raggiungere: bisogna far cambiare il modo prevalente di concepire la Chiesa, prevalente nelle nostre comunità ecclesiali, per cui essa viene identificata con l’istituzione: gerarchia, chierici e apparato organizzativo (Chiesa istituzione) e far crescere, invece, l’altro, che la identifica con la comunità dei battezzati, chiamata a seguire Gesù, a testimoniarlo e ad annunciarlo (Chiesa comunione). È necessario, in sintesi, che in tutte le comunità parrocchiali, soprattutto nelle e con le famiglie, si promuova questo cambiamento di veduta: dalla chiesa/istituzione bisogna passare alla chiesa/comunione. In questo momento di crisi all’interno della gerarchia della Chiesa, a livello mondiale,  è quanto mai urgente promuovere il raggiungimento di questo obiettivo. Questo nuovo modo di vedere la Chiesa aiuterà le nostre comunità a garantire la trasmissione della fede, ad essere evangelizzatrice e a sentire la forza profetica dell’invio ricevuto da Gesù» .

Le esortazioni di monsignor Morosini assumono una valenza legata al "quì e ora", come sottolineato nel dibattito post-convegno: «Il tempo in cui viviamo non ha solo una valenza storica, ma di fede: è il tempo in cui Dio ci ha collocati e all’interno del quale dobbiamo impiantare il regno di Dio. Perché il tempo storico diventi il kairòs di Dio siamo invitati a chiederci: quanta sensibilità abbiamo come singoli e come comunità per informarci su quanto gli studi di sociologia religiosa ci indicano? Abbiamo il coraggio, come singoli e come comunità, di lasciarci riformare da essi, nel senso di mettere in discussione le nostre abitudini pastorali, sulla base anche del monito di papa Francesco a non rimanere schiavi del si è sempre fatto così?» .

Domande che trovano la propria risposta nella formazione: è necessario che tutte le comunità parrocchiali tornino ad investire sulla formazione, riproponendo la scuola di formazione pastorale; l’Istituto di scienze religiose e la scuola di formazione politica. In particolare, «bisogna provvedere ad una formazione a livello più generalizzato e più sistematico sulla dottrina sociale della Chiesa» evidenzia Morosini sottolineando come «gli incarichi pastorali, soprattutto nell’ambito della catechesi, debbono essere affidati a persone che hanno frequentato almeno la scuola di formazione pastorale» .

L'arcivescovo di Reggio-Bova, nei suoi consigli pastorali, è tornato a parlare del sacramento del battesimo, comunicando che Tutte le zone pastorali hanno suggerito di agganciare, così come era stato indicato negli anni precedenti, la pastorale del Battesimo a quella familiare e di intensificarla. In tal senso l'auspicio del pastore diocesano è quello di promuovere i gruppi-famiglia, istituendoli con intelligenza sul territorio parrocchiale. «Tali gruppi - spiega Morosini - risponderebbero anche all’esigenza della costituzione delle piccole comunità alla base della comunione parrocchiale. Sarebbero un grande antidoto al pullulare delle sette. Inoltre se è possibile, ritornare a celebrare il battesimo in forma comunitaria durante la messa parrocchiale della domenica. Bisogna avere cura della spiegazione dei segni, che diventa così occasione di evangelizzazione dei lontani, presenti spesso al battesimo solo per convenzione sociale».

Il problema dell’identità cristiana è emerso in maniera forte nel dibattito del post-convegno, pensando ai tanti battezzati, che perdono poi memoria del proprio battesimo, pur non rinnegando la fede cristiana. Il battezzato deve dare segni della propria adesione a Gesù attraverso i comportamenti di vita, che devono ispirarsi al Vangelo. «Nella catechesi dobbiamo far passare il messaggio che i sacramenti si ricevono come conseguenza di una scelta di vita, che pone Gesù al centro, per cui i suoi insegnamenti sono accolti come norma ispiratrice per le scelte di vita personale e sociale. Oggi, purtroppo, il battesimo viene dato ai bambini tante volte più per convenzione culturale o in modo scaramantico che non per scelta di vita» dice Morosini.

Per l’impegno di costruire comunità bisogna avere come prospettiva il bisogno di comunità e di convivenza avvertito dalla gente. A tal proposito l'arcivescovo propone che «i vari gruppi, pur seguendo i loro percorsi secondo il loro calendario, devono confluire nell’attività generale della parrocchia, che fa capo al parroco e al consiglio pastorale, del quale debbono far parte, obbligatoriamente, i loro rappresentanti. Inoltre i parroci promuovano la corresponsabilità degli organismi di partecipazione (consiglio pastorale e per gli affari economici), il quali, oltre all’attività specificatamente religiosa, progettino e realizzino iniziative e proposte che aiutino la coesione sociale dei quartieri e delle città».

In genere tutte le parrocchie hanno affermato di avere buone relazioni con le realtà di animazione del territorio e di collaborare per quanto si può. Sulla pastorale d'ambiente Morosini suggerisce di «motivare le persone a rendere testimonianza della propria identità cristiana nei luoghi ove si vive e si agisce. Chiedere a tutti di saper dare ragione della propria fede e dei valori in cui crede» . Sulla stessa scia si inserisce il tema dell'impegno politico che non è una chiamata a raccolta per formare liste per le prossime elezioni e scendere in campo con l’appoggio della Chiesa.

Il discorso sulla politica ha toccato temi generali e fondamentali che riguardano soprattutto il coraggio di qualificarsi come cristiani, il suscitare interesse per la cosa pubblica e impegnarsi a costruire il bene comune. «L’educazione all’impegno politico - spiega Morosini - deve far parte della formazione cristiana. Perciò, oltre al messaggio da trasmettere durante le varie forme di evangelizzazione, occorre costruire luoghi formativi comunitari e laboratori di cittadinanza attiva nei quartieri e nei paesi».

In conclusione una riflessione sull'impegno vocazionale: «Dobbiamo ringraziare Dio perché quest’anno sono entrate nel corso propedeutico del nostro Seminario quattro nuovi giovani. Qualche altro è entrato nella vita religiosa. Invito tutta la comunità diocesana a pregare per loro e ad incoraggiarli nella loro scelta con la testimonianza di vita, nulla mai facendo per impedire il loro cammino».

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