Medici aggrediti in ospedale, il commissario del Gom chiede al governo azioni incisive
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Tra le più basse d’Italia, la cui media non supera comunque il 12% (troppo poco affinché abbiano una qualche efficacia), la percentuale di download dell’app “Immuni” per il contenimento del contagio da CoViD-19 in Calabria è preoccupante.
È per tale ragione che la Direzione Aziendale del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria vuole dare il proprio contributo per sensibilizzare, in particolar modo i più giovani, sul tema della prevenzione e dei comportamenti sociali da tenere per il contenimento del contagio.
È questo il momento, infatti, di scaricare “Immuni”, l’app raccomandata dal Ministero della Salute oltre che dalla nuova ordinanza regionale e che è stata pensata e creata per mappare la diffusione del contagio e ricostruire la rete delle persone entrate in contatto con chi risulta infettato, pur rispettando il diritto alla privacy di ciascuno, in modo da prevenire l’avanzamento del virus e lo sviluppo di focolai.
Si tratta di una “guerra di strategia” in cui il contributo dei più giovani è fondamentale, in cui vince chi agisce con più lucidità.
Era noto fin dall’inizio che ci saremmo trovati di fronte ad una seconda ondata ed è stato proprio per respingerla che il governo ha varato l’app italiana di tracciamento dei contatti che, se usata diffusamente e puntualmente, potrebbe fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
I numeri ufficiali ci dicono che con la curva dei nuovi casi cresce anche quella dei download, che hanno superato i 7 milioni. Dal 1° ottobre hanno scaricato Immuni oltre 350mila persone. 5.870 le notifiche: è il numero di avvisi inviati agli smartphone di chi è entrato in contatto con un positivo. In 357 al cospetto della diagnosi di positività hanno detto di essere in possesso di Immuni e hanno accettato che partissero le notifiche, perché è tutto volontario e anonimizzato: dal download alla decisione di far partire gli avvisi fino alla reazione alla notifica.
Tuttavia non basta: in Calabria una copertura che non supera l’8% può avere una efficacia molto limitata, vale a dire scarsa, poiché tutela solo le persone già registrate sull’app e che hanno contatti soltanto con persone che a loro volta sono in possesso dell’applicazione. Ovvero, una cerchia ristrettissima.
Non rendiamo la volontarietà il tallone d’Achille di uno strumento che può aiutare a tenere sotto controllo il Covid-19: scarichiamo “Immuni”, rispettiamo il distanziamento, indossiamo la mascherina e laviamoci spesso le mani. Isoliamoci e avvisiamo subito il medico in caso arrivi la notifica.
La Direzione del G.O.M. di Reggio Calabria e il suo personale chiedono a tutti, in particolare ai più giovani, un assunzione di responsabilità. Perché non è un paradosso chiedere responsabilità ai giovani e perché scaricare “Immuni” è un atto di rispetto nei confronti degli altri ed, in particolare, dei propri cari.
Come funziona l’applicazione per smartphone basata sul contact tracing scelta per tracciare i contagi da coronavirus: Il funzionamento dell’app, disponibile al download su iOS e Android, è semplice. Tante le domande sul suo funzionamento, come che fare in caso di notifica, e privacy.
Immuni è attiva da diversi mesi in tutta Italia e dopo un periodo di diffidenza sta conoscendo una lenta e progressiva diffusione. L’app spia gli utenti? Ovviamente no.
Facciamo il punto della situazione sull’app che tanto potrebbe essere centrale in questa seconda fase di convivenza con il coronavirus.
Ma come funziona davvero Immuni? L’applicazione sfrutta la tecnologia bluetooth basandosi sul modello indicato da Google e Apple, frutto di una storica alleanza per tracciare il coronavirus. Attraverso il bluetooth, l’app rileva la vicinanza fra due dispositivi e registra sullo smartphone di ciascun cittadino una lista di codici identificativi anonimi di tutti i device con cui è entrato in contatto.
Quando a un utente viene fatto il tampone e risulta positivo un operatore sanitario (che sarà in possesso di un’altra app dedicata) vi richiederà il codice contenuto all’interno dell’app, univoco e generato più volte in maniera causale. Una volta inserito nel sistema il sistema di cloud computing invierà una notifica con il rischio di esposizione al coronavirus a tutti gli utenti entrati a contatto con voi nel periodo finestra identificato come a rischio.
Niente geolocalizzazione ma un sistema di tracciamento basato sul bluetooth a cui gli utenti si sottopongono su base volontaria. L’obiettivo dell’app italiana, e dell’Unione Europea che vigila e detta le regole sulla realizzazione di questo tipo di app, è di arrivare a soluzioni diverse per il tracciamento dei contatti.
Non uno spiare le attività private dei cittadini, ma creare uno strumento utile per ripartire con la quotidianità e prevenire l’arrivo di nuovi contagi.
Immuni e privacy: quali dati sono richiesti?
Una volta scaricata e avviata l’app avremo tutta una serie di voci da attivare e di permessi da concedere per far funzionare Immuni.
Viene richiesta l’attivazione del bluetooth e il consenso a entrare in contatto con l’utente in caso d’emergenza, oltre ai permessi relativi alla notifica del contagio.
Le richieste: «Maggiore presidio delle forze dell’ordine in corsia e arresto in flagranza per chi commette reati fisici contro camici bianchi»
Il dottor Alfonso Trimarchi: «È aumentata la sensibilità da parte dei cittadini, grazie anche al prezioso contributo delle associazioni di volontariato come Avis, Adspem e Donatori Nati della Polizia».
Un momento aperto alla cittadinanza per ringraziare quanti hanno contribuito al percorso L’Associazione per il