Avvenire di Calabria

Non aveva la nomea del ''progressista'', ma il presule somasco seppe trasformare la diocesi di Reggio-Bova in modo radicale

Monsignor Ferro, il prudente rivoluzionario della Chiesa reggina

Redazione Web

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di Pasquale Triulcio * - Il Concilio Vaticano II si colloca al centro del ministero episcopale di monsignor Ferro e non solo per la coincidenza dei termini cronologici. Non si esagera nell’affermare che l’evento conciliare segnò profondamente “aggiornandola” la sua visione pastorale. Le lettere che a partire dal 1963 inviò alla diocesi dal Concilio, rivelano la svolta in lui avvenuta tra la prima e la seconda sessione. Tale “svolta” diviene ancor più evidente dopo un’analisi del Concilio Provinciale Calabro tenutosi a Reggio dal 24 al 26 novembre 1961. Nella lettera pastorale “Ut unum sint”, diffusa per la Quaresima del 1962, scriveva: «Il prossimo inizio del Concilio Vaticano II […] offrirà al mondo il meraviglioso spettacolo della Chiesa unita per ricevere, in una rinnovata Pentecoste, la pienezza dei doni dello Spirito Consolatore. Per tanta effusione di grazia […] non v’ha dubbio che […] più splendida ne risulterà nel Corpo mistico di Cristo l’unione dei membri fra di loro e con il Capo». Cosa si attendeva dal Concilio Monsignor Ferro? Dal volume degli Acta et Documenta Concilio Ecumenico Vaticano II. Apparando si evincono gli elementi per una risposta. Si tratta di 11 suggerimenti, di cui 3 di carattere dottrinale, 3 sulla comunione, altri 3 sulla disciplina del clero e 2 sull’amministrazione dei beni della Chiesa. Si tratta di indicazioni scarne che occupano 32 righe, meno di una pagina. Dalle sue parole emerge l’ansia per il clero diocesano che vive in condizioni disagiate sia materiali che spirituali. Riecheggia la preoccupazione di una frattura tra diocesi e clero regolare che a volte fatica ad amalgamarsi al contesto in cui opera. Si evince la tensione circa la partecipazione dei cattolici ad una vita politica segnata da forti contrapposizioni ideologiche.

L’Arcivescovo intervenne sei volte ai dibattiti in aula conciliare: sulla riforma liturgica (Acta vol. I, pp.711 ss.), due volte sul de revelatione (Acta vol. I, pp. 242-244; Acta vol. III, pp. 206-208), sulla formazione dei seminaristi (Acta vol. III, pp. 288-289), sulla liberta religiosa, sottolineando il timore verso un falso irenismo (Acta vol. IV, p. 745) ed infine sul celibato sacerdotale e sull’opportunità di una promissio de paupertate servanda (Acta vol. IV, pp. 324-326). Oltre gli interventi, preziose risultano le 20 lettere che a partire dalla seconda sessione inviò da Roma ai fedeli della diocesi. Esse coprono un arco cronologico che parte dal 29 settembre 1963 per giungere al 28 novembre 1965. Tra di esse spicca la missiva del 10 novembre 1963, per i toni di stupore con cui il vescovo comunica circa la chiamata universale alla santità, su cui i Padri Conciliari si sono soffermati in quella fase del dibattito: «[…] Questo invito pieno di mistero per le infinite risonanze che può avere nelle anime, si è fatto sentire nell’aula conciliare con straordinaria insistenza. Io lo estendo pertanto a voi diletti figli […]. Si tratta di un invito rivolto a tutti i fedeli in quanto sono membri della Chiesa, della Chiesa dei poveri hanno voluto aggiungere alcuni Padri Conciliari […]».

In questo periodo, si unì nell’animo di Monsignor Ferro – alla disponibilità ad accogliere ciò che lo Spirito avrebbe suggerito alla Chiesa – una sorta di presentimento sul carattere dirompente delle decisioni che il Concilio si accingeva a ratificare. All’entusiasmo ed ai propositi seguì l’azione tesa a realizzare le direttive conciliari. Gli sforzi il Vescovo li convogliò essenzialmente verso tre direzioni: catechesi, liturgia e carità. Il Concilio Ecumenico Vaticano II accrebbe nel Pastore reggino l’attenzione alla verità profonda dell’uomo, alla necessità di soccorrerlo nel suo desiderio di senso e dunque di gioia. Al fervore seguì il pragmatismo da cui scaturì l’organizzazione del “Consiglio presbiterale” e del “Consiglio Pastorale”. Reggio era tra le prime diocesi in Italia ad istituirli ambedue nel 1967. La sintonia con la Conferenza Episcopale Italiana era evidente ed altrettanto immediata fu la recezione delle iniziative della Caritas Italiana di cui il reggino don Italo Calabrò fu uno dei fondatori ed esponenti di maggior rilievo. Il documento più significativo di questi anni d’episcopato fu il “Direttorio Pastorale”, pubblicato nel 1975. Il Direttorio costituiva la testimonianza più credibile della serietà dimostrata dalla diocesi nell’attuazione delle linee programmatiche tracciate dal Vaticano II.

Alla stesura collaborarono sacerdoti e laici impegnati nell’azione pastorale locale, con l’intento di coordinare l’evangelizzazione del territorio. La visuale spirituale e culturale di Monsignor Ferro spaziava oltre il confine reggino. Da questa ampiezza di orizzonti era scaturita nel 1972, “ figlia del Concilio”, la fondazione dell’“Istituto Superiore Europeo di Studi Politici”. Si trattava della prima scuola di formazione politica nata da un ambiente ecclesiale in Italia. Il Vescovo rispondeva anche in tal modo, alla mafia, che il 30 novembre 1975 assieme alla Conferenza Episcopale Calabra definirà: «Disonorante piaga della società». Era l’ulteriore segno della poliedricità di un pastore capace di raggiungere tutti, nei vari strati della società, secondo quelle ampie prospettive generate dal Concilio Vaticano II.

* direttore Issr Rc

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