Avvenire di Calabria

Monsignor Santoro: «Eccellenza, grazie per la sua fedeltà»

Il discorso del vicario generale della Chiesa reggina in occasione del cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale dell'arcivescovo Morosini

Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Pubblichiamo di seguito il testo integrale del saluto augurale indirizzato dal vicario generale, monsignor Salvatore Santoro, all'arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini, in occasione della celebrazione del suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio.



Ecco, com'è bello e com' è dolce che i fratelli vivano insieme!..
Perché là il Signore manda la benedizione, e la vita per sempre. (Sal 132)

Eccellenza reverendissima, carissimo p. Giuseppe nostro Arcivescovo, Eccellenze reverendissime, venerati Confratelli, Religiosi, Religiose, Diaconi, gentili Autorità, cari fratelli e sorelle, le parole del salmo 132, appena evocate, ci offrono la cornice più vera e significativa del nostro esser convenuti qui, oggi, in questa Basilica Cattedrale - radunati dal Padre e dal Figlio, nello Spirito Santo - sotto lo sguardo tenero e provvidente della nostra celeste Protettrice, la Vergine Maria, Madre di ogni consolazione.
Siamo qui per ringraziare il Signore .. perché è buono, ed eterna è la sua misericordia! Siamo qui, porzione eletta della chiesa di Gesù, segno e sacramento, nella storia, della comunione che salva, della carità che trasforma e trascina, dell’offerta, pura e santa, che redime perché è caparra d’immortalità.
Siamo qui perché tutti - ciascuno secondo la misura di grazia che gli è stata concessa - sappiamo che è dolce e soave ritrovarsi insieme da fratelli: è la nostra prima e comune vocazione, perché è cosi che si diventa santi, insieme; ed è condizione essenziale perché il buon Dio mandi la sua benedizione, e la vita per sempre (Sal 132). Lo sappiamo, lo abbiamo sperimentato e desideriamo gridarlo al mondo: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che noi abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato del Verbo della vita.. noi lo annunciamo anche a voi - lo annunciamo a tutti - perché anche voi siate in comunione con noi.. e la nostra gioia sia piena. “(1Gv 1,1-4)
Si: siamo qui per chiedere al Signore, per intercessione della Madonna della Consolazione, che continui a farci dono della sua gioia!
Oggi, caro Padre Arcivescovo, la nostra gioia è piena perché, assieme a lei, ringraziamo il buon Dio per il suo sacerdozio, per il dono grande dei suoi 50 anni di consacrazione presbiterale.
E’ passato un bel po’ di tempo da quel 2 agosto del 1969, quando con trepidazione e fiducia, ponendo le sue mani in quelle del Vescovo e deponendo la sua vita nel grembo materno e fecondo della Chiesa, custodito e benedetto dal suo santo fondatore Francesco di Paola, lei pronunciava il suo eccomi solenne e definitivo, per essere, per sempre, sacerdote di Cristo.
Son passati 50 anni, eppure.. siamo certi che, nel suo cuore, è come se fosse ieri; anzi oggi, perché, quando si spende la vita fino in fondo, per amore e con amore.. mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, ed ogni S. Eucarestia celebrata, la si vive come se fosse la prima, come se fosse l’ultima, come se fosse l’unica!
Da qualche tempo, ritornano nella mia mente le parole di un giovane prete dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, don Salvatore Mellone, pronunciate al termine della sua ordinazione presbiterale celebrata tra le mura della sua camera, nel giugno del 2015, perché - essendo, egli, ormai in fase terminale, a motivo di un inesorabile cancro - non gli rimanevano che poche settimane di vita. Appena ordinato prete, con occhi radiosi e voce ferma, nonostante la grave malattia che lo stava consumando, con le mani che profumavano ancora di Sacro Crisma, don Salvatore pronunciò parole che sapevano di santità, di eternità e di gioia: “… grazie, Dio, per l’ amore sconfinato che hai voluto riversare nella mia vita, sovrabbondante di grazia; quanta gioia oggi, quanta da oggi, quanta non solo oggi..”
Questo giovane confratello non ha avuto la grazia di celebrare il suo 50mo di sacerdozio! Non ha avuto la possibilità neanche di giungere al primo anno di ordinazione! Ma le sue parole, quelle parole, sono un testamento solenne, che ammutolisce e riempie il cuore; che interroga e spalanca gli orizzonti dell’infinita provvidenza del Signore: per questo, caro Padre Arcivescovo, sentiamo di poterle condividere con lei; anzi: siamo certi che le avrà già fatte sue e che anche lei, oggi – mentre con S. Paolo nuovamente professa: “in fide vivo Filii Dei” - ricordando quel 2 agosto del 1969, con d. Salvatore Mellone ci dice: è proprio vero: “..quanta gioia ieri come oggi, quanta gioia da quell’oggi, quanta gioia non solo per quell’oggi..”
“...Se comprendessimo bene che cos'è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che ne apre la porta; egli è l'economo del buon Dio; l'amministratore dei suoi beni... Oh come il prete è grande!... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce, e si rinchiude in una piccola ostia...". (S. Curato d’Ars)
Quanta grazia in questi 50 anni!
Questa santa assemblea, questa sua comunità diocesana e l’intera città di Reggio-Bova, carissimo p. Arcivescovo, in comunione con tutta la Chiesa, con il Santo Padre che, benevolmente, ha voluto esprimerle di suo pugno i suoi auguri e la sua benedizione, con la Chiesa che è in Calabria - qui rappresentata dai suoi Pastori - benedice assieme a lei il Signore, il bel Pastore, per questi 50 anni di vita sacerdotale, vissuti nella pienezza del servizio e della gioia!
Ci permetta, allora, con affetto filiale, di riassumere ciò che abita il nostro cuore con due paroline, semplici, belle e vere: grazie ed auguri.
Con papa Francesco (citerò un piccolo stralcio della splendida Lettera da lui scritta ai sacerdoti, in occasione del 160° anniversario della morte del S Curato d’Ars, il 4 agosto 2019), prendendomi la licenza di … trasformare il plurale di quel testo, in singolare, a nome di noi tutti le dico:
Grazie, caro padre Giuseppe!
”.. grazie per la sua fedeltà agli impegni assunti... (cito, come farò di seguito, quasi letteralmente Papa Bergoglio) perché questo ci invita a celebrare la fedeltà di Dio che non smette di fidarsi, di credere e scommettere su di noi, nonostante i nostri limiti e peccati; e ci invita a fare lo stesso, con Lui e tra di noi..
Grazie, per la gioia con cui ha saputo e sa donare la sua vita, mostrando un cuore che - nel corso di questi 50 anni - ha combattuto (sono sempre parole del Papa) e lottato per essere quotidianamente allargato dall’amore di Dio e del suo popolo; un cuore che, come accade per il buon vino, il tempo ha impreziosito, dandogli una qualità sempre più squisita…
Grazie, perché non si stanca di rafforzare i legami di fraternità e di amicizia, nel presbiterio e con il vescovo, Incoraggiandoci a sostenerci a vicenda, a curare chi è malato, a cercare chi si è isolato, ad apprendere la saggezza dagli anziani, ad imparare a ridere e piangere insieme; come sono necessari questi spazi - dice il Papa!
Per tutti, certo; ma, mi permetto di aggiungere, in particolare, per noi sacerdoti! Grazie, perché facendosi carico di tutti, ed accompagnandoci nel cammino della conversione verso la nuova vita che il Signore dona a tutti noi, non ha mai smesso di difendere la non negoziabile verità della fede, “oportune et inportune” (2Tm 4,2), senza, tuttavia, stancarsi di ripeterci “siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”… Non esiste vera giustizia senza carità, come non può esserci carità senza giustizia!
Grazie, infine, per tutte le volte in cui, lasciandosi commuovere nelle viscere, ha accolto quanti erano caduti, ha curato le loro ferite, ha offerto calore ai loro cuori - magari.. preparando un ottimo pranzo o una appetitosa cena, di cui è indiscusso maestro! - mostrando tenerezza e compassione, come il Samaritano della parabola di Lc 10,25-37, e pazienza, perdono e fiducia, come il Padre misericordioso di Lc 15, quel padre che sa attendere, offrire ed anche soffrire per i suoi figli, perché sa bene che si diventa davvero generativi, quando si è disposti e capaci di esserlo non solo nell’amore ma anche nel dolore! Niente, continua il Papa , è così urgente come queste cose: prossimità e vicinanza alla carne del fratello sofferente. Quanto fa bene l'esempio di un sacerdote, di un vescovo, che si avvicina e non si allontana dalle ferite dei suoi figli e fratelli; e lo fa perché convinto che...”eterna è la misericordia del buon Dio..”
Dag Carl Hammarskjöld ha scritto: “Nessuno è umile, se non nella fede. Nessuno è fiero, se non nella fede. Umile e fiero nella fede: ecco cosa è vivere! In Dio io sono nulla, ma Dio è in me. Per questo, per tutto quello che è stato: grazie; per tutto quello che sarà: amen! “
Auguri venerato e caro p. Giuseppe!
Li accolga come espressione sincera dell’affetto del suo presbiterio, che le vuole tanto bene, ma anche di questo popolo santo di Dio, di questa nostra amata città, di noi tutti!
Desideriamo formularglieli proprio con le parole del suo e nostro S. Francesco di Paola: “Ti accompagni sempre la grazia di Gesù Cristo benedetto, che è il più grande ed il più prezioso di tutti i doni!”
Ad multos annos, carissimo Padre!

Monsignor Salvatore Santoro
Vicario generale arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova

Articoli Correlati