Avvenire di Calabria

Il protopresbitero ortodosso di Reggio, invita a un «abbraccio che superi le peculiarità rituali delle confessioni»

Oltre le divisioni, ogni buon cristiano è «tempio di Dio»

Daniele Castrizio *

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Uno dei tanti difetti della società occidentale di stampo anglosassone nella quale ci siamo trovati a vivere, incolpevoli, è certamente da riscontrare nell’ipocrisia di continui e vuoti riti civili e “laici”, anche quando si tratta di questioni della massima importanza. A furia di celebrare ogni giorno che Dio manda sulla terra «la giornata mondiale di questo» o «la giornata mondiale di quello», tutto ha perso di colore e di sapore. Dobbia- mo stare molto attenti, carissimi amici, a non farci trascinare nella «probatizzazione» (probata in greco significa «animali da gregge») della nostra esistenza mondana: tutti i giorni sono diventati uguali; in tutti mangiamo dolci, e non più solo il giorno del Signore; vogliamo la medesima temperatura nelle nostre case, e non sappiamo più distinguere tra estate e inverno; lavoriamo tutti i santi giorni, senza approfittare di quel riposo, talmente importante da divenire oggetto, per noi Cristiani, come per gli Ebrei e i Musulmani, di uno specifico comandamento divino.

La verità è che, posti di fronte alla scelta di servire Dio o mammona, questa società occidentale devota all’apparenza e al vuoto consumo compulsivo, ha scelto il denaro come sua divinità. Il mondo anglosassone ci sta insegnando che tutto è misurabile con il denaro: quanto guadagni rispetto a tuo cognato? Se lui guadagna più di te è più importante di te. Quale tra due libri è migliore? Sciocca domanda: quello che ha incassato più soldi. E gli esempi potrebbero andare avanti all’infinito: tutto è misurato in base al denaro, all’interesse; anche le amicizie, e persino l’amore. Collegata al culto del dio denaro è quello della violenza, che è inscindibile dal primo. Solo la violenza, la sopraffazione, permette a chi la pratica di poter ottenere la ricchezza, il potere e quei beni che reputa imprescindibili. Che cosa importa che per ottenere mammona bisogna schiacciare e opprimere tanti uomini e donne? Nulla, perché il verbo superomistico che permea questa società barbarica recita che il potere deve essere preso da chi è più forte, e pazienza per chi è debole, o semplicemente più mite. Quante volte mi sono trovato a sodalizzare con operai che non ricevevano la giusta mercede da mesi perché il loro imprenditore (che sente di essere il loro «padrone») aveva deciso di comprarsi l’ennesimo Suv o la barca, lasciando sul lastrico tutti i poveracci che avevano lavorato per lui? «Perché tu lo meriti»: questo è il verbo della religione di mammona. Ti meriti la macchina grossa e inutile; ti meriti i vestiti pacchiani che indossi; ti meriti le case volgari che abiti, piene di cose che non servono a nulla, tranne all’apparenza. Già: ma tutti viviamo ormai solo di apparenza.

E per essere sicuri che questo comandamento superomistico arrivi a tutti, e soprattutto ai nostri giovani (cui non riusciamo più a dare gli strumenti culturali per decodificare il mondo nel quale vivono, ma solo “competenze” per diventare “produttori di soldi”, a tutto beneficio dei pochi “collezionisti di soldi”) c’è Hollywood, nei cui film, sempre più demenziali, si predica l’utilizzo della violenza come unico metodo per risolvere i contrasti. Dalla separazione di una coppia fino ai problemi tra Stati la forza delle armi è l’unico sistema per mettere le cose a posto. Che tristezza vivere in un’epoca in cui i barbari hanno imposto a tutti l’uso delle pistole, mentre proprio a Rhegion il legislatore Caronda, per la prima volta al mondo, imponeva di rimanere disarmati entro le mura della polis. Noi Cristiani di tutte le confessioni spesso abbiamo la sensazione di essere passati di moda, di essere dei fossili, e certamente siamo osteggiati duramente dai “padroni del vapore”, che vogliono tornare a una società feudale, con pochi nobili detentori di tutti i diritti, signori assoluti dei servi della gleba, miliardi di persone senza cultura e senza i mezzi per vivere dignitosamente. E certamente noi Cristiani, con le nostre liti da bottegai, con la nostra incapacità di accettare i nostri fratelli in Cristo delle altre confessioni religiose, abbiamo contribuito non poco alla nostra sconfitta. Troppo presi dai vantaggi offerti (non senza un prezzo!) da governi e potenti di questa terra, abbiamo dimenticato il valore della preghiera e della condivisione: accettiamo, vi prego, che ciascun fedele possa trovare Cristo nel modo a lui più congeniale, facendo le sue scelte senza condizionamenti o forzature. Abbracciamoci, allora, carissimi fratelli in Cristo, mostrando come, nel rispetto di riti peculiari costruiti nei secoli della nostra divisione, siamo in grado di riconoscere lo Spirito Santo nel cuore di ogni Cristiano, di qualunque denominazione: riconosciamo nel nostro fratello un «tempio dello Spirito», amando nella creatura il Creatore, perché l’Amore è l’unico comandamento che Dio ci impone.

* protopresbitero ortodosso

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