Avvenire di Calabria

Incontro-dibattito all'auditorium Don Orione; presenti Petralia, Paci e Gerardis

Otto anni di ReggioNonTace, Ladiana: «Fare memoria del futuro»

Federico Minniti

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«Fare memoria del futuro». Otto anni dopo le bombe alla Procura, ReggioNonTace rinnova il proprio impegno. L'occasione è un incontro-dibattito presso l'auditorium “Don Orione” in cui hanno relazionato padre Giovanni Ladiana, tra i fondatori del movimento, Bernardo Petralia, Procuratore generale, Gaetano Paci, Procuratore della Repubblica vicario, e Luciano Gerardis, Presidente della Corte d'Appello. Proprio il gesuita Ladiana ha aperto i lavori ricordando il «fondamento» di ReggioNonTace: «Siamo nati per rispondere a un attacco della ‘ndrangheta alla magistratura», ossia a una delle istituzioni democratiche del Paese presente sul territorio.

Otto anni di cammino durante i quali è stato svelato il vero volto della 'ndrangheta: «Non è soltanto un sistema criminale, - sottolinea - ma un disegno di potere con la complicità di mondi che si dicono ipocritamente “per bene”». Contrastare la 'ndrangheta, quindi, «vuol dire difendere la Costituzione», afferma Ladiana. Per farlo è necessario non stravolgere la natura del movimento ReggioNonTace. Tre le scelte di campo indicate dal gesuita da rafforzare: «Rimanere movimento e non diventare associazione; mantenere l'assoluta gratuità e libertà da qualsiasi forma di condizionamento e tenersi fuori dai partiti». Posizioni che orientano l'azione di ReggioNonTace nelle tante “battaglie quotidiane” che partono proprio dalla difesa dei diritti costituzionali. «Il nostro vero obiettivo – conclude padre Ladiana – è la ricerca del Bene Comune superando le disuguaglianze; una solidarietà con gli ultimi misurata da una sobrietà responsabile».

«Otto anni non sono passati in vano; sono state evidenziate tutte le piaghe della Città», questo il bilancio di Gaetano Paci, reggente della Procura reggina dopo la promozione di Cafiero De Raho a capo del Direzione Nazionale Antimafia. Il magistrato è intervenuto in modo diretto sul tema della corresponsabilità: «Certi “alibi” oggi non sono più consentiti – ha detto Paci – ad esempio, gli imprenditori non possono più non denunciare». Ma sull'influenza attrattiva dell'economia criminale, Paci ha una sua chiave di lettura: «La ‘ndrangheta, tutt'ora, è considerato un agente economico più affidabile dello Stato». Un'affidabilità che trova “sponde” anche nella politica: «Soggetti che presentano gravi elementi di contiguità con la ‘ndrangheta sono ancora “corteggiati” dai partiti», sottolinea Paci. Di certo, secondo il vicario della Procura, nulla resterà impunito. E nel ribadirlo l'esempio fornito è eclatante: l'omicidio del giudice Antonino Scopelliti, avvenuto il 9 agosto 1991 a Piale (Villa San Giovanni) sul quale, in seguito all'indagine “'Ndrangheta Stragista”, si stanno aggiungendo nuovo determinanti tasselli per la ricostruzione della verità su movente e mandanti.

Ha promesso battaglia alle 'ndrine, Bernardo Petralia, procuratore generale di Reggio Calabria da sei mesi. Lo ha fatto chiedendo una risposta da parte della cittadinanza: «Nei quartieri, nei paesi, si sa chi è mafioso: bisogna praticare una condanna sociale nei confronti di queste persone». «Reggio Calabria è una terra che chiede molto; - spiega Petralia raccontando dei primi mesi in riva allo Stretto – ma dobbiamo dirci con grande franchezza che la giustizia non deve essere il fine, ma il mezzo». Torna, nelle sue parole, il contrasto alla logica del “favore”. «Bisogna praticare il “chiasso” del diritto: sanzionare moralmente gli 'ndranghetisti facendo scelte di campo, allontanandosi e separandosi da loro e da chi è colluso con loro».
Un punto di vista approfondito da Luciano Gerardis, presidente della Corte d'Appello, che ha affermato come «tante cose sono cambiate dal 3 gennaio 2010; ma ancora manca il largo coinvolgimento della Città. La ‘ndrangheta si può sconfiggere – conclude Gerardis – solo con il rispetto delle regole».

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