Avvenire di Calabria

Il direttore della Caritas diocesana, don Nino Pangallo, avvia una riflessione sul ruolo della Chiesa in uscita

Prendersi cura dei Rom è dovere della Chiesa

Antonino Pangallo

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Ricordo ancora Massimo. Aveva appena 16 anni. Entrai nella stanza ed ecco improvvisamente dalla memoria emergere i ricordi. Massimo giaceva esanime, ucciso da alcuni coetanei gagè. Era stato portato in ospedale quando ormai era troppo tardi. Ora mi trovavo lì in quella stanza dinanzi ad un giovane rom ucciso ed allo strazio della madre.

Ricordai che quella era stata la casa delle Missionarie della Carità. Si, ora prendevano forma i ricordi. Madre Teresa aveva conosciuto don Lillo Altomonte, il prete zingaro con gli zingari, e aveva voluto che le suore venissero a vivere al 208, la vecchia caserma abbandonata, occupata da tante famiglie rom. Ed un giorno le suore avevano ceduto una stanza della loro povera casa a Eugenia ed ai suoi bambini. Esse non potevano tollerare che il piccolo Massimo avesse rosicchiati i piedini dai topi.

Ricordo ancora il lavoro dei tanti volontari per predisporre tutto, al fine di dare uno spazio a Massimo e a sua madre. Ed ora Massimo era morto e sua madre lo piangeva. Quanto dovrà passare affinché nessuna madre pianga più il suo figlio e nessun rom viva nello stigma di essere considerato un ladro? Parlando a braccio Papa Francesco ha ricordato un episodio: «Quando prendevo il bus a Roma e salivano gli zingari, l’autista spesso diceva ai passeggeri: “Guardate i portafogli”. Questo è disprezzo, forse è vero, ma è disprezzo».

Eppure conosciamo la bella esperienza di rom con le mani sporche che lavorano onestamente raccogliendo ingombranti con la cooperativa Rom 95. Il Vangelo è forza per chi crede. Il popolo rom ha bisogno del Vangelo come la Chiesa ha bisogno dei rom. Alla giusta attenzione sociale nei loro confronti è necessaria una maggiore attenzione alla dimensione spirituale. Occorre ridare centralità alla dimensione pastorale per uscire da una logica assistenzialistica. Forse le parole di Paolo VI pronunciate il 26 settembre del 1965 sono una profezia ancora da realizzare: «Qui siete attesi, salutati, festeggiati. Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa». 

Don Tonino Bello in occasione della morte di un giovane rom  l’8 gennaio 1985 scrisse: «Ti hanno offerto del pane, ma non ti hanno dato accoglienza; organizzano soccorsi, ma senza amare abbastanza; portano pacchi, ma non cingono di tenerezza gli infelici come te; celebrano belle liturgie, ma faticano a scorgere l’icona di Cristo nel cuore di ogni uomo, anche in cuore abbrutito e fosco come il tuo, che ha cessato di battere per sempre».

Era una bella giornata di 7 maggio del 1997. Eravamo in tanti i reggini in Piazza San Pietro per la canonizzazione di Gaetano Catanoso. Ed eravamo in buona compagnia. Quello stesso giorno saliva agli onori degli altari il primo rom, Zeffirino, insieme al nostro Gaetano Catanoso. Credo che questo sia stato un segno per tutti noi reggini. I santi parlano e rivelano le inesauribili ricchezze del mistero di Cristo. Zeffirino rivela quanta grazia ci sia nel mondo rom. Zeffirino morì martire per la fede nel 1936 in Spagna. Dinanzi al patrono dei rom, oggi, ci è chiesto di ritornare ad essere compagni di viaggio ed insieme lasciarci raggiungere dal nomade per amore, Cristo Gesù.

* Direttore Caritas diocesana Reggio Calabria

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