Avvenire di Calabria

Quaresima, questo è il tempo di dare speranza

Cura e preghiera. Il direttore Caritas filtra la Quaresima attraverso gli occhi degli emarginati

Antonino Pangallo

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…». Il versetto di Matteo è stato scelto da papa Francesco come filo rosso del cammino quaresimale. Nell’annuncio della salita al monte Sion per la Pasqua possiamo ritrovare il nostro cammino “in salita”.

L’ascesa è ascesi. Salire con Gesù è anche scendere nelle profondità. La Quaresima di quest’anno arriva nel 50esimo dalla fondazione della Caritas Italiana. Nel rileggere il mezzo secolo trascorso ci proiettiamo in avanti, attraverso un processo di discernimento ed una lettura dei segni dei tempi.

Il messaggio per la Quaresima di Papa Francesco offre spunti di riflessione che interessano la catechesi, la liturgia, la carità. Potrebbe essere l’occasione per vivere momenti di pastorale unitaria. Il messaggio chiede di riscoprire le tre virtù teologali della fede, speranza e carità, intrecciandole con digiuno, preghiera ed elemosina. Gli atteggiamenti umani si incrociano con il dono che viene dall’alto.

Nell’entrare nel tempo quaresimale sarà utile collegare strettamente la virtù della carità con la fede e la speranza. Fede e carità sono speculari.

La fede è l’Amore divino rivelato ed accolto. La fede è lasciarsi raggiungere dalla Parola di Dio per accogliere la Verità che è Gesù e diventarne testimoni. Non è una costruzione dell’intelletto, ma è un messaggio che possiamo comprendere grazie all’intelligenza del cuore. È bello che il digiuno sia associato alla fede. La via della povertà e della privazione apre il cuore e permette a Dio di entrare, di prendere dimora presso di noi.

Sarà utile rileggere il mezzo secolo trascorso cogliendo lo stretto legame tra il processo di evangelizzazione e le tante forme della carità ecclesiale. Stiamo cercando di costituire un laboratorio diocesano che tenti di guardare alla ricchezza di condivisione espressa dalla nostra Chiesa in questi decenni. Ogni segno di carità è frutto dell’intera Chiesa, è opera del Vangelo.

La speranza e la carità sono anch’esse strettamente correlate. L’incontro con Cristo apre l’orizzonte ad un Amore che ci precede, ci accompagna, apre percorsi di futuro. La speranza è “acqua viva”, è lo Spirito Santo che ci consente di continuare il cammino come avvenne per la samaritana. Nel deserto di questo tempo la speranza è intravedere i semi di salvezza che stanno per sbocciare non fermandosi a serpenti e scorpioni, alla aridità che consuma l’anima.

La speranza cresce se è alimentata dalla preghiera che immerge nella grazia divina e apre lo sguardo per leggere l’ordito divino nella trama della storia: «La speranza ci viene donata come ispirazione e luce interiore». Facendo riferimento al Progetto Unitario si potrebbe chiedere a tutte le parrocchie di voler indicare quali iniziative si stanno realizzando per rispondere alle tante problematiche legate alla pandemia. Queste indicazioni, oltre che dare occasione di speranza, potrebbero essere utili per creare come un manuale di buone prassi da proporre a tutte le comunità della diocesi. È il tempo di dare speranza.

Il terzo passo ora si compie. La carità, vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza. La carità dà senso alla vita. La carità è Dio stesso. È la Trinità ad immergerci nella danza della vita divina e a spingerci verso il riconoscimento di ogni persona, particolarmente se povera ed esclusa, come parte di me, mio fratello. La lettera enciclica Fratelli tutti andrebbe letta in profondità.

Essa mostra come l’amore cristiano sia tessitura di legami fraterni sempre più ampi fino a divenire carità sociale. Oggi più che mai, alla luce della pandemia, urge un supplemento di carità evangelica. Prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia è prioritario. Più in generale, sembra opportuno riprendere alcuni inviti che in questi mesi Papa Francesco ha più volte sottolineato: l’ascolto, la compassione, la consolazione, la fraternità, la cura e il prendersi cura. Non possiamo solo soccorrere nell’emergenza ma urge prendere a cuore la salvezza di tutti e di ciascuno. Nessuno deve restare indietro o piombare negli abissi.

Siamo certi che ogni comunità si stia dotando di una Caritas parrocchiale all’altezza delle sfide odierne e future. Non sarà possibile una pastorale armonica se le tre virtù teologali non cammineranno insieme. Siamo certi che i centri di ascolto si stiano attrezzando ad essere veramente di “ascolto” e non semplici centri di distribuzione di beni alimentari. La povertà purtroppo ha tanti volti e chiede capacità di prendersi cura di tutta la persona. Come Caritas diocesana cerchiamo di rimanere sulla frontiera, laddove le tensioni ed i conflitti esplodono ma anche dove risorse di bene, vecchie e nuove, germogliano nel servizio, nel volontariato, nell’amore senza confini.

Anche quest’anno lasciamo alla creatività di ogni comunità l’animazione comunitaria alla testimonianza della carità. Il ricavato della colletta della giornata della carità sarà consegnato nelle mani del vescovo durante la messa crismale. Servirà a sostenere i servizi di prossimità della Caritas diocesana. Mentre scrivo giunge la notizia della morte di suor Maria Rita Gaspari delle Figlie della Sapienza. A lei e alla congregazione (come dimenticare suor Antonietta Castellini) il nostro grazie. Se tanti bambini sono nati, se tante donne vittime di violenza sono rinate, se tante ragazze madri hanno avuto un futuro è perché suor Maria Rita si è spesa per loro con il sorriso e la fermezza.

Chiediamo la grazia in questo tempo di permettere ai germogli di vita di sbocciare nel deserto di questo tempo sulla scia di tanti che si sono spesa per i poveri. Buona Quaresima.

* direttore Caritas Reggio-Bova

Articoli Correlati