Avvenire di Calabria

Si atteggiavano a baby-boss, ma il coraggio di un imprenditore, Laganà, li ha smascherati

Racket, fermati i rampolli del clan Tegano: taglieggiavano i locali del centro

Si complica la posizione di un altro esercente, Crucitti, accusato di aver coperto i presunti affiliati

di Federico Minniti

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Tutti li conoscono come “teganini”, le giovani leve di uno dei casati di ‘ndrangheta più potenti al mondo. Hanno un età compresa tra i 33 e i 25 anni e ormai da oltre sei anni sono il terrore delle notti di Reggio Calabria. Pochi giorni fa sono stati coinvolti da una nuova indagine, firmata dal sostituto procuratore Sara Amerio in forza al pool antimafia reggino e riportata in anteprima dal giornale online, Il Dispaccio. Tra i fermati ci sono anche due “rampolli” della ‘ndrina Tegano, Angelo (27 anni) e Domenico (29 anni), quest’ultimo già entrato in tantissimi verbali dei collaboratori di giustizia che lo ritiene il capo carismatico di questo gruppo di giovani, «malati di ‘ndrangheta», che si sono resi protagonisti di diversi episodi di violenza: risse, pestaggi, resistenze a pubblico ufficiale, racket. Un pedigree da veri mafiosi, ma per loro non sono scattate le manette ai polsi in virtù del poco tempo intercorso coi fatti contestati.

Un gruppo trasversale, quello dei “teganini”, che nelle loro scorribande registrano la presenza (seppur non indagati) anche di Giuseppe De Stefano, figlio del super boss Orazio, e Alfonso Molinetti, figlio del killer Gino. L’indagine del pm Amerio, infatti, si riferisce agli episodi - tra il 2017 e il 2019 - che riguardano un notissimo locale di Reggio Calabria, il Vesper, in seguito alla denuncia avanzata dal suo titolare, Gianfranco Laganà. Un fatto inedito rispetto agli imprenditori che vivono la “vita notturna” della Città.

All’interno delle carte dell’indagine emerge, infatti, il ruolo di un altro imprenditore molto in vista, Carmelo Crucitti (titolare di diversi locali, alcuni dei quali all’interno di strutture pubbliche), che avrebbe “coperto” i baby-boss, evitando di denunciarne le violenze: «Non le dirò mai chi è stato. Non mi metta in queste condizioni, perché io devo lavorare e se le faccio i nomi mi mettete in una brutta situazione. Io devo proteggere la mia famiglia. Io li conosco tutti, ma i nomi non glieli faccio io», si legge in una sua dichiarazione alla Procura. Crucitti, negli atti di un’altra inchiesta (“Malefix”), fu vittima di un brutale pestaggio da parte di un’altra consorteria, quella dei Libri, anche in quel caso non denunciata.

Le reazioni: Klaus Davi. «L’amministrazione comunale di Giuseppe Falcomatà e Tonino Perna, grazie anche all’incredibile silenzio di Rosanna Scopelliti, ha affidato un appalto a un imprenditore che si è rifiutato di denunciare un gravissimo atto di violenza nei confronti di un suo dipendente; tutto ciò è avvenuto nonostante sei mesi fa avessimo fatto precise e documentate denunce pubbliche sul fatto che – sempre l’imprenditore in questione – fosse indicato da Carmine De Stefano come un ‘uomo loro’. Falcomatà non è nuovo a elargizioni arbitrarie e disinvolte di appalti, e per questo è già andato a processo. D’altra parte non ha forse candidato un parente stretto di Gino Molinetti? E uno dei suoi ‘scherani’ non ha forse manipolato il voto di numerosi seggi per essere certo che fosse rieletto sindaco? E non abbiamo forse appreso da sentenze definitive dei tribunali che in certi contesti ‘non si muove foglia che la mafia non voglia’? Ai suoi tarocchi e alle sue triple facce siamo abituati». Lo ha dichiarato il massmediologo Klaus Davi, che poi ha aggiunto: «Lo stesso dicasi per il professor Tonino Perna che – rispetto alle nostre osservazioni scaturite dalla lettura dell’indagine ‘Malefix’ sulla figura dell’imprenditore in questione – aveva replicato ‘Crucitti è con le carte a postò, confermandosi un pessimo amministratore e un ipocrita burocrate dell’antimafia. Quanto a Rosanna Scopelliti, che ha messo il cappello su questa squallida operazione, ci aspettiamo che ne tragga le dovute conseguenze, se le rimane un minimo di buon senso. Tradotto: Falcomatà, Perna e Scopelliti dovrebbero dimettersi. Ma siccome sono attaccati alla sedia, non lo faranno. Ma non durerà a lungo»

Le reazioni: Giuseppe Falcomatà. Oggi è un bel giorno per la città di Reggio Calabria. Oggi dobbiamo essere tutti al fianco di Gianfranco Laganà». Così, il sindaco Giuseppe Falcomatà commenta «il coraggio dimostrato dall’imprenditore reggino nel denunciare le vessazioni estorsive della ‘ndrangheta». «Il gesto del titolare del Vesper – ha detto Falcomatà - deve farci sentire orgogliosi come reggini e come uomini che amano la terra in cui sono nati. L'intera comunità reggina adesso lo affianchi, chi ha il coraggio di denunciare un tentativo estorsivo non deve assolutamente essere lasciato solo. Se è vero che le mafie si sconfiggono con l’impegno delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della magistratura, è altrettanto vero che soltanto una presa di coscienza civile collettiva può debellare per sempre un fenomeno criminale che, da secoli, relega la nostra realtà in un’arretratezza impossibile da continuare a sopportare». «Oggi – ha continuato il sindaco - dobbiamo rendere omaggio a Gianfranco che ci ha profuso una grandissima lezione che è quella, cioè, che se stiamo insieme Reggio ce la può fare. Non piegarsi alla mafia è un esercizio di libertà, una battaglia che dobbiamo sentire nel profondo del nostro intimo agendo nella società per un futuro fatto di lavoro, sicurezza e prosperità. Lo dobbiamo, prima di tutto, ai nostri figli. Quello di Gianfranco, quindi, è un esempio da seguire perché denunciare la ‘ndrangheta è la via maestra per spazzare via ogni anelito di oppressione mafiosa».

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