Per la Farmacia Pellicanò Reggio Bic l’inizio è in salita
Disco rosso nella prima della nuova stagione contro i Campioni d’Italia della Briantea Cantù La
di Alessandro Cama - Il 30 settembre nella nostra cattedrale, la Chiesa reggina–bovese ha vissuto uno dei momenti più carichi di gioia che una comunità possa vivere; sono infatti stati ordinati diaconi tre ragazzi del nostro seminario: Davide Amadeo, della parrocchia di San Giorgio Extra, Antonio Circosta, della parrocchia di Santa Maria del Buon Consiglio e Davide Tauro, della comunità della Candelora. Se è vero che l’evento della consacrazione di tre fratelli è una gioia per la Chiesa, ciò assume un gusto tutto particolare per noi che viviamo la formazione in seminario ed abbiamo condiviso con i tre novelli diaconi un pezzo di cammino insieme; siamo un gruppo che racchiude persone di tutte le età e dalle esperienze di vita più disparate, eppure la bellezza dello stare insieme ci unisce e rinfranca specialmente in occasioni come questa, in cui, al termine di un lungo cammino, tre seminaristi vedono realizzato il desiderio profondo del cuore, sentono la chiamata del Signore diventare carne nella propria carne. È un segno particolarmente bello quello di vedere una Chiesa ancora feconda, anche se non per suo merito, soprattutto in un tempo di paura e di incertezza particolari, legati all’ormai lunga emergenza sanitaria che ci vede tutti coinvolti; e proprio il fatto che in questa peculiarissima fase storica per la ChieI sa, per l’Italia e per la nostra città, ci siano degli uomini disposti a mettere la propria vita a completa disposizione del Signore per le mani della Chiesa, è un segno veramente eloquente, che ricorda alla Chiesa ed al mondo che Dio resta il Dio della storia, che è Padre, e come tale non può assolutamente dimenticare nemmeno uno dei suoi figli; è un modo di dire a tutti che la voce sottile di Dio che ricama nelle trame della vita è ancora viva, forte, presente, e che non solo si può ascoltare, ma che ci sono uomini disposti a seguirla, a firmare “l’assegno in bianco” di donare a lui la propria vita. Il sabato successivo poi, i diaconi, con ancora nelle orecchie il forte richiamo ad un autentico annunzio del regno che traspariva dalle pagine della liturgia del giorno dell’ordinazione, in cui Gesù dà delle risposte molto dure a chi intende seguirlo, ricordando l’urgenza e l’importanza dell’annunzio evangelico, sono ritornati nelle loro parrocchie di origine per salutare le loro comunità e per festeggiare con loro la gioia immensa della vita donata al Signore. Tutti e tre hanno per la prima volta spezzato la parola tenendo l’omelia, ricordando a tutti la delicatezza che trapassa dalla pagina del Vangelo appena proclamata, in cui il Signore, come un buon contadino, pianta e si prende cura della propria vigna, gli mostra tutto il suo amore proteggendola, e facendo di tutto affinché possa portare frutto, frutto che, trasformato in vino, è segno per la mentalità biblica e non solo, di festa, di gioia. Amore contraddistinto anche da una grande pazienza, che chiunque vive la consacrazione deve sentire su di sé: sono la pazienza e la fedeltà di Dio, infatti, i fondamenti di una vera vita in Cristo.
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Nei giorni scorsi l’ex hotel era finito al centro delle polemiche circa l’eventuale nuova destinazione d’uso per accoglienza migranti.
Il 14 ottobre 1885 nasceva ad Agrigento il vescovo fondatore delle Suore Salesiane Oblate del Sacro Cuore. È stato Pastore di Bova dal 1933 al 1939.