Avvenire di Calabria

Reggio, meglio il ”supporto” dell’assistenza

Il reddito di cittadinanza e gli strumenti «passivi» non vanno demonizzati, ma l’obiettivo resta inserire il lavoratore in un sistema formativo

Rosi Perrone *

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Pensare a politiche del lavoro che contemplino certezze e bandire subdole illusioni che seminino, ancora, equivoche speranze. Guardare al futuro con la consapevolezza che la dignità del lavoro sia garantita. Questo è l’imperativo per una futu- ra riforma del lavoro. Il nuovo assetto governativo ha tracciato una linea rispetto alle politiche recenti messe in campo con il jobs act e con strumenti di sostegno al reddito. Si è aperto un nuovo corso nel quale la bussola politica punta verso il reddito di cittadinanza. Augurare e sperare cautela, in questo senso, sarebbe la cosa più saggia da fare. Perché se è vero che le recenti politiche del lavoro non hanno inciso risolutivamente sul dramma dell’occupazione, è vero anche che queste, puntavano su lavoro e produttività e non su una forma di assistenzialismo. Gli interventi mirati a tutelare le fasce più deboli della stratificazione economica, come il Rei, invece potrebbero essere implementati perché avrebbero un relativo “basso” impatto di spesa per le casse dello Stato. Il reddito di cittadinanza, ad oggi, sembrerebbe essere un azzardo per il bilancio del Paese ma, ciò nonostante, non bisogna demonizzarlo a prescindere. Sarebbe certamente un approccio passivo, ma se questo caratterizzasse una fase di assistenza e non di assistenzialismo, potrebbe essere uno step preliminare prima di raggiungere la totalità dell’inclusione lavorativa. Si prenda il caso di attività produttive – e poco importa se ci riferiamo ad industria 4.0 o sociale 4.0 – che portino alla valorizzazione in pieno del lavoratore, e al consolidamento della sua dignità, come persona e come cittadino. Sul territorio, ci si dovrebbe anzi attendere un’attenzione prioritaria al bacino, purtroppo troppo vasto, di ex percettori di mobilità in deroga che si trovano a stazionare nella terra di mezzo. Quello reggino è, ahinoi, uno scenario in cui tanti ex lavoratori non godono di strumenti di accompagnamento al reddito, e non hanno un’età “interessante”, ossia sono troppo giovani per una condizione di pensionamento e sono troppo “vecchi” per un facile accesso nel mondo del lavoro. C’è da auspicarsi una riforma del lavoro portatrice di politiche attive forti e adeguate, per giovani, per donne, per immigrati, per chi rischia di non incontrare neanche una volta nella vita una opportunità lavorativa, per i tanti ex lavoratori, ex ammortizzati, che non sia veicolata da slogan e titoli, ma che si doti di strumenti concreti con i quali far fronte ad una nemica di questa terra, la disoccupazione.

* Segretario generale Uts Cisl RC

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