Bullismo e cyberbullismo: a Sanremo un incontro con Parole O_Stili e Il Tre per parlare di odio online e fragilità
Bullismo e cyberbullismo: Sanremo, un incontro con Parole O_Stili e Il Tre per parlare di odio online e fragilità
Mentre il cielo si tingeva di blu notte e l’aereo cominciava ad intravedere le terre degli Emirati Arabi, Papa Francesco, nel tardo pomeriggio del tre febbraio, faceva dono ai giornalisti di “un’icona fatta nel monastero di Bose, sul tema del dialogo tra giovani e anziani, che credo dal cuore sia una sfida del nostro tempo”.
Sul retro dell’immagine sta scritto: “in questa icona c’è un giovane monaco che porta un vecchio sulle sue spalle. Portando avanti i sogni del vecchio. Un giovane che è in grado di portare su di sé i sogni dei vecchi, e portarli a buon fine”.
Qualche giorno dopo, precisamente all’ora di pranzo del sei febbraio, nella sala stampa del Festival di Sanremo, durante la consueta quotidiana infuocata conferenza stampa con le maestranze festivaliere, un giornalista s’interrogava sulla opportunità, in un Festival, targato per la seconda volta consecutiva Baglioni, zeppo di cantanti idoli delle nuove e nuovissime generazioni, che, s’immaginano, incollati ai teleschermi per assistere all’esibizione della propria icona canterina, s’interrogava, dicevamo, sull’opportunità di proporre, agli occhi e all’udito di un pubblico ragazzotto, un ricordo del Quartetto Cetra, con tanto di canzoni dell’epoca…
Ora, la domanda sorge spontanea: perché il ricordo del Quartetto Cetra, che spopolò dapprima alla radio quindi in televisione a cavallo fra gli anni Quaranta e gli anni Settanta, dovrebbe poco azzeccarci coi gusti e gli interessi di giovani e giovanissimi? Forse, perché non san chi siano? E gli educatori (genitori, docenti) che ci stanno a fare? Ci stanno solo per pagargli, i primi, le ricariche al tabacchino ed i secondi per seppellirli con montagne di compiti su cose (letteratura, storia, geografia, musica) che invece che annoiarli dovrebbero appassionarli ed aiutarli a riflettere, ad aprire i loro orizzonti, a spingerli a far meglio di quanti li hanno preceduti?
Tanti di noi, forse, ricordano quell’episodio dei “Simpson” durante il quale papà Homer implora la figlioletta Lisa di riaccendere la televisione, appena spenta, perché, sottolinea Homer, “sto ricominciando a pensare”…
Ecco, noi, che dinanzi a quell’immagine donata dal Papa ai giornalisti c’emozioniamo e ci facciamo scappare pure la lacrimuccia, perché non cominciamo a cambiar stile, prendendoci noi per primi, sulle nostre spalle, i sogni dei nostri vecchi?
Cominciamo noi, anagraficamente adulti, a spegnere televisore e smartphone; cominciamo noi, coi capelli cacio e pepe, a godere della magnificenza di un tramonto, della golosità di un panino col sughetto di pomodoro e della dolcezza delle parole e delle note di quel “Bacio a mezzanotte” cavallo di battaglia del Quartetto Cetra.
Cominciamo noi, assidui frequentatori del Tempio, a far conoscere ai nostri giovani e giovanissimi gli scritti, ad esempio, del nostro Canonico monsignor Natale Licari, che a metà del secolo scorso mise nero su bianco pagine memorabili sulla pietà popolare mariana. Così, tanto per non far cadere nel dimenticatoi, troppo in fretta, la recente Gmg panamense e mariana.
E soprattutto, cominciamo noi a stare coi nostri vecchi, ad ascoltare i loro racconti e i loro silenzi.
Altrimenti, saremo noi, tendenti alla mezza o terza età a far la fine del protagonista adolescente della canzone sanremese di Daniele Silvestri: “e il tempo scorre di lato ma/ non lo guardo nemmeno/ e mi mantengo sedato per/ non sentire nessuno/ Tengo la musica al massimo/ e volo/ Che con la musica al massimo/ rimango solo”.
Almeno, scegliamo una playlist decente…!
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