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Ogni anno, il 21 ottobre, si celebra la Giornata Mondiale dell’Ascolto, un’occasione per riflettere sull’importanza dell’ascolto attivo nelle nostre vite personali e collettive, come spiega - in modo originale - su questa pagina la dottoressa Mariaconcetta Aronica, psicologa e psicoterapeuta.
«Shema’ Israel - Ascolta, Israele» (Dt 6,4) è l’invito che perentoriamente Dio rivolge a un popolo duro d’orecchi. Non saper ascoltare è una grande mancanza dell’uomo di ieri come dell’uomo di oggi perché lo priva della parte migliore (cfr. Lc 10,42), mutilandolo nella sua dimensione spirituale e relazionale: senza ascolto infatti non c’è vita né vita spirituale, né vita relazionale. Il luogo dell’ascolto è senza dubbio il cuore, grembo nascosto e silenzioso, focolare intimo all’interno del quale l’uomo incontra sé stesso, Dio e gli altri.
Se l’ascolto è questione di cuore, allora è essenziale che il credente chieda come il giovane Salomone “un cuore che ascolta” (cfr. 1Re 3,9). Il cuore di molti uomini e donne del nostro tempo somiglia ad alcune città moderne: chiassose, caotiche, affollate, carenti di spazi verdi, costellate di palazzi e grattacieli tanto alti da impedire la vista del cielo. Non si vive bene in questi luoghi. Ascoltare richiede silenzio, tempo e disponibilità, esattamente quello che l’uomo post-moderno ha scelto di sacrificare sull’altare dell’efficientismo compulsivo. Suor Maria della Trinità, sentì nel cuore Gesù che le diceva: «Là dove si è ben disposti ad ascoltarmi, io parlo» (Colloquio interiore, n. 614).
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Se si comprendesse l’incommensurabile dono perduto e si ritrovasse il coraggio di ritornare ad abitare “dentro” di sé anziché fuori, in esilio, ci si accorgerebbe che lì, nel profondo del cuore, silenziosamente Dio parla. La Parola ascoltata con l’orecchio del cuore ordina e dà senso a tutte le altre parole, ridona nuova linfa alla vita, guarisce dalla disgregazione interiore e riporta il cuore all’unità; tutti allora possono dire di avere un “cuore monaco”! Modello impareggiabile di ascolto è Maria, la dolce Vergine dell’ascolto, che prima di accogliere Cristo nel grembo lo accolse nel cuore, come ha sottolineato il grande Agostino.
Ed ecco, il Verbo si fece carne e venne ad abitare “dentro” di lei (cfr. Gv 1,14). Anche in noi, dilettanti allo sbaraglio nella difficile arte dell’ascolto, che accogliamo nel silenzio la Parola, irrompe la Vita. «Scendete nel più profondo di voi stessi e voi mi troverete. Fate silenzio […] capirete la mia voce. Ascoltatemi! Fate quanto vi dico: io vi trasformerò! » (Colloquio interiore, n. 610). Non si può ascoltare veramente e rimanere uguali a prima.
Ascoltare non equivale a sentire; non si tratta semplicemente di un processo fisico mediante il quale percepiamo i suoni, ma di un processo complesso che coinvolge e sconvolge nell’intimo chi ascolta e chi è ascoltato.
Significa non solo stare alla presenza dell’altro (con la “A” maiuscola o con la “a” minuscola), ma anche entrare rispettosamente nel suo mistero, offrendogli contemporaneamente diritto di asilo dentro di sé. Si riceve e si dona sempre qualcosa.
Ascoltare qualcuno equivale a dirgli: «Tu per me esisti, sei importate, e per questo ti dono la mia attenzione, il mio tempo e la mia disponibilità». Quante volte qualcuno con occhi grondanti gratitudine ci ha detto: «Grazie per avermi ascoltato! Mi sento meglio adesso». Dentro quel cuore qual-cosa è cambiato. E quante volte noi stessi ci siamo sentiti riconosciuti, accolti, strappati forse alla solitudine, alla confusione o anche alla disperazione da un cuore che ascoltandoci ci ha offerto ospitalità dentro di sé? L’ascolto, quando è vero, produce sempre qualcosa di nuovo; non può che essere atto creativo. «Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19).
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