Avvenire di Calabria

Ripercorrere i giorni della Passione di Cristo non significa replicare una storia. Ciascuno, infatti, è chiamato a viverli con cuore disposto al Signore

Settimana Santa, immergersi nella storia della Salvezza

Redazione Web

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C’è un momento fondamentale nella storia dell’umanità in cui tutto è cambiato: quel mattino in cui un uomo è uscito vivo dal sepolcro. Da quell’istante la morte non è più stata la parola definitiva sul destino umano, ma l’inizio di una nuova esistenza, di una nuova vita, quella vera, inaugurata dall’umile figlio del falegname di Nazareth: Gesù.I cristiani, da duemila anni, continuano a celebrare questo evento, ovvero il “mistero pasquale”, nel primo giorno della settimana, chiamato proprio per questa ragione dies Domini, “giorno del Signore”, cioè del Risorto, con una cadenza ritmica, con una frequenza settimanale, determinata dal susseguirsi delle apparizioni, avvenute “otto giorni dopo”. Da questo nucleo germinale e germinante della domenica come “piccola pasqua della settimana” e festa primordiale, ben presto i cristiani hanno cominciato a celebrare il mistero pasquale in modo più solenne in quella “grande domenica dell’anno” chiamata “Pasqua” per antonomasia. Una festa alla quale ci si prepara con un itinerario di quaranta giorni, che culmina nella “grande settimana” dell’anno liturgico, in cui la Chiesa segue, passo dopo passo, nelle sue celebrazioni, gli ultimi eventi della vicenda terrena di Gesù.

Nella tradizione ecclesiale, questa settimana è chiamata “santa”, per i grandi avvenimenti che in essa si celebrano: il solenne ingresso di Gesù a Gerusalemme, la passione, la morte, la sepoltura, la risurrezione del Signore. Sono gli avvenimenti che hanno segnato per sempre la storia dell’umanità e costituiscono l’oggetto e il fondamento della fede e della vita dei cristiani. Significativa ed eloquente è la riflessione del beato Paolo VI, nella catechesi del mercoledì 6 aprile 1966, quando afferma: “Se v’è liturgia, che dovrebbe trovarci tutti compresi, attenti, solleciti e uniti per una partecipazione quanto mai degna, pia e amorosa, questa è quella della grande settimana. Per una ragione chiara e profonda: il mistero pasquale, che trova nella Settimana Santa la sua più alta e commossa celebrazione, non è semplicemente un momento dell’anno liturgico; esso è la sorgente di tutte le altre celebrazioni dell’anno liturgico stesso, perché tutte si riferiscono al mistero della nostra redenzione, cioè al mistero pasquale”. Se il centro della fede cristiana è l’evento della passione, morte e risurrezione del Cristo, il fulcro dell’anno liturgico della Chiesa non può non essere il mistero di Cristo, celebrato nella grande Settimana Santa. Da esso derivano e ad esso convergono tutte le altre celebrazioni lungo il corso dell’anno, così come da esso promana la forza santificante e santificatrice di tutti i sacramenti e dei sacramentali. Non sono avvenimenti consegnati agli archivi della storia quelli che la Chiesa ci fa celebrare ogni anno nella Settimana Santa, né va considerato come un personaggio storico, sia pur straordinario, l’uomo di cui essi parlano. Non sono avvenimenti da ammirare, ma eventi da imitare e nei quali essere coinvolti, e Gesù non è un eroe da esaltare ma un “vivente” e “contemporaneo” da seguire. Per meglio vivere i riti della Settimana Santa, non basta, dunque, essere “ammiratori” di una storia, ma è necessario diventare “imitatori” di un evento, quello salvifico, che ha in Cristo, morto e risorto, il suo nucleo vitale.

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