Avvenire di Calabria

Sul dissesto dell’Asp, l’approssimazione è inaccettabile

Senza dialogo non c’è possibilità di intravedere un futuro sostenibile per i servizi di prossimità.

Luciano Squillaci

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«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». È questo il principio costituzionale sul quale il Forum del Terzo Settore, le associazioni di rappresentanza, i Sindacati ed i familiari, hanno inteso aprire una stagione di lotta per la tutela dei diritti dei più deboli, costituendo il Coordinamento “Articolo 32”, prendendo spunto proprio dall’articolo della Costituzione che garantisce la tutela della salute con particolare riferimento proprio ai cittadini più fragili.
Perché è esattamente questo diritto fondamentale che oggi è gravemente a rischio. In una sanità, quella calabrese, che fatica sempre più a garantire i livelli essenziali di assistenza, continuamente bacchettata nei tavoli ministeriali, totalmente invischiata in un piano di rientro dal quale non si vede via di uscita, la condizione dell’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria riesce ancora a distinguersi, rappresentando in qualche il modo il “peggio del peggio”.
Un’Asp che non riesce a produrre uno straccio di bilancio dal 2013, già sciolta per infiltrazioni mafiose, dove gli sprechi ed i doppi pagamenti di fatture ai fornitori erano prassi e dove regna un’enorme confusione e la totale incertezza su numeri e debiti. Al punto da indurre i Commissari, nella delibera con la quale hanno proposto la declaratoria di dissesto dell’Azienda, di ascrivere a debito “circa” 400 milioni di euro. E c’è chi dice che si tratta di una cifra in forte difetto. Ma ciò che maggiormente impressiona è quel “circa” inserito con nonchalanceall’interno di un atto pubblico che ha un peso ed una rilevanza enorme per migliaia di cittadini reggini.
L’approssimazione che porta a non avere chiaro neanche l’ammontare dei debiti, rappresenta, del resto, il modello gestionale utilizzato per decenni in questa terra di nessuno. Un’approssimazione che certamente ha fatto il gioco di qualcuno, che probabilmente si è arricchito, ma che ha lasciato al palo la sanità reggina, che oggi rappresenta, oltre che l’azienda più indebitata, anche l’ultima in Calabria per servizi resi, con carenza di posti letto e di prestazioni in tutte le tipologie di cura.
Ed ovviamente i primi a pagare le spese di questa gestione a dir poco ballerina, sono i cittadini, e soprattutto i più poveri, già prima lasciati senza servizi, ed ora costretti anche a ripagare l’ennesimo debito della pubblica amministrazione al quale certo non hanno contribuito.
Sono infatti proprio i servizi rivolti alle fasce deboli, comunità per tossicodipendenti, case per anziani, centri per disabili, strutture per la salute mentale, quelli messi maggiormente a rischio da questa gravissima situazione di crisi in cui versa l’Asp reggina. Tutti servizi sino ad oggi gestiti da organizzazioni del Terzo Settore, senza fine di lucro, e che si trovano, in alcuni casi, con oltre un anno di ritardo nei pagamenti delle spettanze dovute. È questo ad esempio il caso delle comunità per tossicodipendenti, che nonostante svolgano un servizio regolarmente accreditato e contrattualizzato, sono ferme con i pagamenti al maggio del 2018, e che ora corrono in rischio di ricadere in quel calderone dei “circa 400 milioni”.
Un rischio che significherebbe la chiusura certa di esperienze che da circa 30 anni rappresentano l’unica risposta residenziale del territorio per persone con problemi di dipendenza. Ma è anche il caso delle organizzazioni del terzo settore che si occupano di assistenza domiciliare integrata. Un servizio delicatissimo, che riguarda oltre 2.500 cittadini, in maggioranza anziani e disabili, alcuni con necessità di assistenza quotidiana, e che gli enti che se ne occupano stanno portando avanti con profondo senso di responsabilità nonostante abbiano il contratto scaduto dallo scorso 31 dicembre e pagamenti arretrati al secondo semestre 2018. Ed il triste elenco potrebbe tranquillamente proseguire, citando ad esempio la psichiatria, ancora in stato di incertezza per il presente e per il futuro, per non parlare della quasi totale assenza di servizi di prevenzione, o della enorme carenza di posti letto per anziani o per disabili. Di fronte ad una crisi che sembra non avere fine, il mondo del Terzo Settore, dell’associazionismo e dei sindacati, ha inteso dire convintamente basta, unendosi nel Coordinamento “Articolo 32”.
Un coordinamento che ha inteso proclamare lo stato di agitazione, con l’obiettivo immediato di sollecitare i Commissari nella gestione dell’Azienda, a partire dalla convocazione degli Stati Generali della Sanità reggina. Un’iniziativa tesa alla sottoscrizione di un Patto per la Salute che ponga impegni concreti per la continuità dei servizi, con particolare riferimento a quelli rivolti alle fasce più deboli e fragili.

* Coordinamento “Articolo 32”

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