Avvenire di Calabria

Dopo che la Chiesa ha celebrato con intensità la Settimana Santa, la cinquantina pasquale che segue, rischia di essere vissuta con stanca routine

Tempo di Pasqua, aprirsi a una nuova esistenza umana

Redazione Web

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di Antonio Cannizzaro - Dopo che la chiesa ha celebrato con intensità la settimana santa, la cinquantina pasquale che segue, rischia di essere vissuta con stanca routine. Tuttavia dobbiamo sempre di più prendere coscienza che la cinquantina pasquale è il tempo forte per eccellenza dell’anno liturgico: sette settimane celebrate come un solo giorno. Pastoralmente dobbiamo confessarlo, non rimangono molte idee per celebrare questo tempo, a volte manca persino la chiarezza negli obiettivi da raggiungere. Innanzitutto dobbiamo partire da un punto centrale per comprendere questo tempo: in questi cinquanta giorni la Chiesa celebra il passaggio di Cristo alla sua nuova vita. Gesù Cristo nel suo mistero pasquale è passato a una nuova forma di esistenza. E’ stato costituito Signore e primogenito di tutta la creazione, è entrato definitivamente nella sfera dello Spirito e vive per il Padre. Questa sua trasformazione ci tocca tutti, perché tutta l’umanità è chiamata a condividere la sua nuova vita. Se non entriamo in questa ottica nuova, non comprenderemo il senso della cinquantina pasquale. I cristiani prolungano nella storia la Pasqua di Cristo, si può dire che la Pasqua non è terminata: si è compiuta in Cristo, ma deve ancora compiersi in noi. Il passaggio al Padre, e la nuova esistenza, continuano in noi. La cinquantina pasquale ci mostra la vita nuova alla quale siamo chiamati a partecipare con Cristo. La chiave teologica di comprensione della vita cristiana, in tutti i suoi aspetti è comprendere che Cristo, per mezzo del suo Spirito, ora è presente in noi. Realmente! Purtroppo quando parliamo di presenza reale di Cristo, spesso la riconduciamo a quella eucaristica. Ma la presenza reale di Cristo risorto è universale e non può essere ridotta solo ai sacramenti, anche se i sacramenti la contengono e la comunicano in modo speciale. Ecco perché la cinquantina pasquale deve porre al centro della sua riflessione la presenza del risorto nella vita della Chiesa e nella vita dei credenti. Forse ancora non abbiamo capito fino in fondo la portata della risurrezione nella nostra esistenza umana. Abbiamo relegato la risurrezione ad evento che interessa solo Cristo e non tocca la sfera della nostra vita. Non è così. Con la sua risurrezione, Cristo è venuto ad incidere profondamente nella nostra esistenza, l’ha trasformata, perché ha trasformato la morte. Probabilmente la nostra fede non è ancora arrivata a questo grado di consapevolezza. Anche dopo duemila anni, la nostra fede non riesce ad assumere l’unità tra il vivere e il credere, tra l’umano e il divino. La fede cristiana in questi cinquanta giorni deve poter dimostrare ai fedeli che vivono il mistero pasquale nelle celebrazioni, che nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomo, una possibilità che interessa tutti e apre al futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini. La risurrezione di Cristo è un avvenimento universale nella storia degli uomini. Solo così intesa, come inaugurazione di una nuova dimensione dell’esistenza umana, solo allora siamo sulla strada di una giusta interpretazione della testimonianza della risurrezione presente nel Nuovo Testamento. Allora la cinquantina pasquale assume il carattere del tempo mistagogico per eccellenza nella Chiesa. Attraverso i riti, le preghiere, il cristiano è guidato , quasi introdotto per mano, ad entrare nel mistero della risurrezione di Cristo e comprendere la portata che tale evento di salvezza ha per lui, nella sua vita, nella sua storia personale. La risurrezione di Cristo ha portato una nuova creazione nell’esistenza umana, siamo stati ricreati una seconda volta. Dio ha unificato il finito con l’infinito, ha unificato l’uomo e Dio superando la morte. La risurrezione è entrata nel mondo soltanto attraverso alcune apparizioni misteriose di Cristo a prescelti. Gli incontri con il risorto fanno comprendere ai discepoli che l’uomo Gesù appartiene ora proprio anche con lo stesso suo corpo totalmente alla sfera del divino e dell’eterno. Con la risurrezione è avvenuta una specie di mutazione radicale in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell’essere uomini. Il tempo di pasqua diviene allora il tempo per rivisitare le apparizioni del risorto, comprenderne il significato e orientare la propria vita trasformandola in vita donata, in vita eucaristica. Solo l’eucaristia ci permette di entrare in comunione con la risurrezione di Cristo e condividere la sua stessa vita, partecipando alla trasformazione dell’essere uomo, corpo e spirito. Solo a partire da Emmaus possiamo comprendere il senso della risurrezione, il corpo trasformato di Cristo nella risurrezione, è anche il luogo in cui gli uomini entrano in comunione con Dio e tra loro e così possono vivere definitivamente nella pienezza della vita indistruttibile. Anticipazione di questa vita è l’eucaristia, sacramento della risurrezione, cibo che sostiene e trasforma, che rinnova e santifica. In questi cinquanta giorni, se impariamo ad ascoltare i testimoni della risurrezione con cuore attento e ci apriamo ai segni con cui il Signore ci parla, allora giungiamo ad affermare anche noi: il Signore è veramente risorto, egli è il vivente. Se impariamo ad aprirci all’azione dello Spirito potremo dire con Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”(Gv.20,28).

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