Avvenire di Calabria

Don Giovanni Giordano: «Resto continuamente meravigliato dalla preziosità dei Sacramenti»

Tempo di Pasqua, il neo-sacerdote: «Stupito dalla Grazia»

Giovanni Giordano

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“Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!»” (Gv 19,5). E’ questo l’Uomo che ho deciso di seguire e di indicare a tutti i miei parrocchiani come Colui dal quale proviene ogni grazia e sapienza. È l’Uomo umiliato e sofferente, che si dona a noi ogni giorno per renderci partecipi della sua vita divina. Da novello presbitero ho vissuto questa mia prima Quaresima nella Parrocchia di Santa Maria del Lume in Pellaro, nella quale svolgo il mio ministero come Vicario Parrocchiale, sostenuto anche dalla testimonianza sacerdotale di don Domenico De Biasi, Parroco della stessa Comunità. Tutto è dono nella vita e per qualsiasi cosa occorre rendere grazie alla Santissima Trinità, che sempre continua a meravigliarmi e sostenermi nel mio giovane cammino sacerdotale. Resto continuamente stupito dalla preziosità, dalla molteplicità e dalla ricchezza del fiume di grazia dei Sacramenti che pian piano ho imparato a vivere per la crescita e la santificazione dei miei fedeli. Non posso non testimoniare il tremore e l’amore che vivo ad ogni singola Eucaristia in quel farmi servo della Parola Incarnata che viene ancora una volta sull’altare per lenire, fortificare, consolare, guarire le nostre misere anime: chiedo al Signore la grazia di non vivere mai una celebrazione eucaristica in modo meccanico, semplicistico o frettoloso, venendo meno alla mia prima missione, quella cioè di “essere Sacerdote” che dona in primis Cristo in questo mirabile sacramento. Inoltre sto sperimentando la bellezza ed anche il peso di entrare nell’intimo delle persone, le quali confidano tutto ciò che portano nel loro cuore nel sacramento della Penitenza e Riconciliazione. Non si tratta solo di elencare peccati più o meno gravi, visto che qui si manifesta l’orecchio attento e materno della Chiesa che ascolta i propri figli nella loro situazione attuale, qui ed ora: è di straordinaria importanza entrare in empatia con le gioie e le sofferenze dei fedeli! Nella Confessione il Signore Risorto ci rende capaci di ricominciare il cammino attraverso il pentimento sincero del peccato che ci separa da Lui: quanta grazia nel silenzio e nella riservatezza di ogni singola confessione! Rendo grazie a Dio anche per il dono dell’Unzione degli Infermi che, soprattutto in Quaresima, mi ha consentito di fermarmi e meditare maggiormente sul “dono” della malattia fisica e spirituale. In tanti fratelli e sorelle di Comunità ho visto la concretezza di una vera sofferenza che però, se vissuta con fede e per amore di Cristo, diventa realmente dono per gli altri e consapevolezza che la malattia o la morte non sono mai e non saranno mai l’ultima parola sulla nostra vita. Inoltre, è stata una Quaresima vissuta sotto il segno e la luce splendida dell’Adorazione Eucaristica che insieme a don Domenico e alla Comunità abbiamo voluto incrementare per tutta la settimana nelle ore pomeridiane: la mia vocazione, d’altronde, nasce ai piedi di Gesù Eucaristia, adorato nell’apparente inoperosità di una piccola ostia bianca che però porta in sé tutta la forza e la grazia di cui ogni singolo battezzato ha bisogno nella vita di tutti i giorni. Egli stesso, infatti, ci invita: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). La vocazione all’Adorazione è una missione che tutti nostri fedeli dovrebbero riscoprire: dove trovare l’entusiasmo e il fervore se non dinanzi alla fonte e al culmine della vita stessa della Chiesa? Chi dobbiamo amare per primo se non Gesù Eucaristia, presente con noi fino alla fine del mondo? Perchè non nutrirsi di questa Presenza viva e vera in ogni Tabernacolo del mondo? Con sant’Ignazio di Loyola dico: “tutto questo per me”; per me sacerdote, per te mamma, per te papà, per te giovane, per te anziano… per ciascuno di noi! Questo per me è stato vivere la mia prima Quaresima da sacerdote; per me questo è essere sacerdote: indicare la Via, Verità e Vita, cioè il Signore Nostro Gesù Cristo, il crocifisso Risorto! Allora sì che essere sacerdote è infinitamente bello ma meravigliosamente sconvolgente perché sai che raramente sarai “politicamente corretto”, anzi esattamente il contrario dal momento che lo stesso Gesù Cristo è stato segno di contraddizione, o uno di fronte al quale ci si copre la faccia. Ma il vero cristiano non si preoccupa di ciò che diranno gli uomini, si preoccupa solo di fare la Volontà di Dio e di glorificarlo amandolo “fino alla fine” (cfr. Gv 13,1).

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