Avvenire di Calabria

"Vi sono orizzonti nuovi di dialogo della verità", il direttore della Caritas diocesana riflette sui temi dell'unità e della collaborazione

Tessere reti di fraternità, «la carità che unisce»

Antonino Pangallo

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Vorrei ritornare sul tema del rapporto carità e unità a partire da alcune esperienze. Blessing aveva affidato i suoi due bambini ad un uomo che le stava davanti sul barcone pensando così di proteggerli. Li ha visti scivolare in mare ed il suo dolore era immenso. Quando nel 2016 sbarcò a Reggio era difficilissimo trovare qualcuno che la custodisse. La Chiesa Battista l’ha accolta. Miss Ann, moglie del pastore David Macfarlane, è stata grembo di carità. Oggi la famiglia del pastore è tornata in Scozia e noi sentiamo tutti la traccia di una presenza evangelica di carità che ha segnato quei giorni. Miss Ann per giorni e giorni ha vegliato Blessing e non solo lei. Accoglienza non è parola retorica di sermoni stantii ma stile di vita discreto ed operoso. Sempre sul fronte del servizio agli ultimi l’esigua Chiesa Battista si è messa in gioco. Ed anche oggi, il neo pastore Nunzio Loiudice racconta delle belle esperienze vissute in Puglia con don Tonino Bello, e si rende disponibile ad iniziative comuni di prossimità. È stato bello la scorsa domenica vedere tanti volontari impegnati ad Arghillà per uno screening della popolazione di quel quartiere. Laddove ci sono le spine sbocciano le rose. Vedere tanti giovani mettersi in gioco allarga il cuore. Ed il parroco mi raccontava che tra i volontari c’è una ragazza evangelica che condivide il cammino di servizio. Il lucignolo non va spento, urge ravvivare le risorse per un dialogo ecumenico più intenso. Come Chiesa cattolica rischiamo di seppellire sotto la cenere gli entusiasmi conciliari, dimenticando che uomini e donne come Maria Mariotti e don Italo Calabrò hanno fatto del dialogo fraterno uno stile di vita. Nonostante le difficoltà interne di ciascuna Chiesa e nei rapporti reciproci, non dobbiamo retrocedere, anche se la contraerea è forte. La settimana di quest’anno è stata tra le più belle proprio perché tra le più sofferte. Chiara Lubich, in tempi non certo più facili dei nostri, seppe intravedere che il ritorno al vangelo passa attraverso il cammino verso l’unità. A vedere la partecipazione alla settimana per l’unità e la risposta alle iniziative di alcuni movimenti ecclesiali sensibili - in realtà pochi - sembra che il gelo sia calato anche dalle nostre parti. Ma questo non deve farci arretrare. Vi sono spazi ampi per tessere reti di fraternità e di collaborazione accanto ai poveri ed anche orizzonti nuovi di dialogo della verità. Il corso di specializzazione dell’Issr traccia percorsi simili ma questi non devono rimanere sforzi accademici. Senza la conoscenza e la crescita di amicizia tra membri di Chiese diverse ogni strada si sbarrerà e forse anche noi cattolici rimarremo nelle nostre trincee, convinti di essere gli unici custodi della verità. Senza la carità la verità rischia di divenire un idolo. Con la carità la verità risplende e si rivela. Se è vero che solo uniti alla vite i tralci portano frutto, nella misura in cui ciascun battezzato ed ogni Chiesa saranno innestati nella Parola di vita, i frutti non mancheranno. Siamo tutti sulla stessa barca, quella dell’evangelo. E solo nell’incontro edificheremo un mondo nuovo. Concludo queste note stringendo tra le mani una reliquia trovata da un volontario durante lo sbarco del 26 maggio 2016: una bibbia in tigrino. Quando si parte per un lungo viaggio si porta con sé l’essenziale. Per lo sconosciuto migrante l’essenziale è il vangelo. Chi sbarca porta al nostro mondo stanco la forza del vangelo. Il povero che bussa è il Signore che ci visita. La comunità ecclesiale è chiamata a divenire grembo che genera, custodisce e libera la vita. È la carità che unisce.

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