Avvenire di Calabria

Trasporti(amoci) al passo coi tempi

L'Italia necessita di un rinnovo importante

Alberto Campoleoni

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Vanno bene le Frecce bianche-rosse-argento, o di qualsiasi altro colore porti i nostri treni a superare i 300 all’ora. Ma poi il trasporto pubblico è fatto anche di bus sgarrupati, di metro da rivedere, di treni sgangherati che trasportano milioni di pendolari ogni giorno. Ed è qui che si vorrebbe vedere la differenza tra il Duemila avanzato e il Novecento che non se ne vuole andare.
Ecco: la notizia che le Ferrovie dello Stato stanno mettendo sul piatto qualcosa come un miliardo e 600 milioni di euro per acquistare 135 nuovi convogli diesel è di quelli che strappano un sorriso. Perché si tratta di rinnovare quella rete di binari che non è nemmeno elettrificata e che non è nemmeno secondaria nel panorama del trasporto pubblico italiano. Per dire, in Sardegna è la normalità; più di 500 km di binari non elettrificati li troviamo pure in Toscana e Sicilia; molte linee simili ci sono pure in Piemonte e Lombardia.
Va da sé che si tratti soprattutto di linee secondarie, proprio quelle però molto utilizzate dai pendolari o che favoriscono il trasporto intra-regionale. I nuovi convogli manderanno in pensione mezzi che hanno un’età media di 40 anni: saranno quindi più efficienti e meno inquinanti. Nel contempo le Ferrovie proseguono nella realizzazione di campi fotovoltaici per alimentare le proprie linee (che sono il principale consumatore di elettricità in Italia); soprattutto, stanno investendo nelle altre tipologie di trasporto pubblico.
Al di là della fusione con Anas, che si spera trasformerà un carrozzone inefficiente in qualcosa di più adeguato ai tempi che corrono, Ferrovie sta decisamente puntando sulle metropolitane e gli autobus, cittadini o meno.
Il trasporto pubblico sta cambiando. Stanno diventando interessanti le tratte lunghe via bus: un business in crescita. Le metropolitane sono vitali per una grande e media città – anche se in Italia sono quasi una rarità: ci sono meno chilometri sotterranei in tutto il Belpaese che nella sola Madrid – e possono generare soddisfazioni economiche.
I bus e i tram (se gestiti bene) possono essere un affare, e su quest’affare si sta gettando Fs; in certe città le aziende di trasporto pubblico stanno passando da passivi cronici a utili d’esercizio ancora marginali ma interessanti.
Questo per quanto riguarda il profilo economico: non c’è dubbio, invece, che un trasporto pubblico efficiente, rapido, esteso cambi letteralmente il volto della società. Si può abitare a Torino ed arrivare a Milano in 45 minuti; scavalcare gli Appennini tra Firenze e Bologna in una mezz’oretta. L’auto non diventa più vitale per la propria vita. Rimarrà, ma con un utilizzo diverso.
Come in Giappone, dove ci sono molte linee ad alta velocità ferroviaria che collegano in poche ore il Nord e il Sud del Paese. Con una puntualità da crisi di nervi (due minuti di ritardo danno la facoltà di chiedere il rimborso del biglietto) e con ferrovieri-piloti che vengono premiati se fermano il convoglio con precisione assoluta sul binario.
Ecco: su queste cose in Italia c’è ancora molta strada da fare.

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